a sinistra: una Volkswagen Golf del 2012 a destra: una Porsche 911 del 2011
Una Volkswagen Golf del 2012
Una Porsche 911 del 2011
Parenti?
Sì, Volkswagen e Porsche sono parenti, anche molto stretti. Così stretti che
nel 2012 la Porsche è stata integrata come
decima marca del gruppo Volkswagen AG che, come gli appassionati sanno bene, produce, oltre
alla Volkswagen e la Porsche, anche la Seat, la Škoda, l'Audi, la Bentley, la Bugatti, la
Lamborghini, la casa motociclistica Ducati e i veicoli industriali MAN e Scania.
Ma la collaborazione che è sempre esistita tra le due marche non è
sempre stata pacifica. E visto che quelli che possiedono e guidano le due
società sono addirittura due rami della stessa famiglia, le guerre più o meno
aperte tra di loro hanno assunto anche degli aspetti piuttosto aspri.
Infatti: parenti-serpenti...
Tutto comincia con Ferdinand Porsche:
Ferdinand Porsche (1875-1951),
il padre sia della Volkswagen che della Porsche, in una foto del 1940 foto:
Bundesarchiv
La storia della Volkswagen cominciò con
Ferdinand Porsche che, dopo la Prima Guerra Mondiale, lavorò
come disegnatore tecnico per varie aziende automobilistiche tedesche. In
quell'epoca, solo i più ricchi potevano comprarsi una macchina. Il sogno di
Porsche era invece costruire una macchina che tutti potevano permettersi.
Arriva Adolf Hitler...
Porsche (a sinistra) spiega a Hitler (al centro) le caratteristiche
del prototipo della Volkswagen
foto:
www.porscheprototype.com
Adolf
Hitler arrivò al potere nel 1933 e uno dei suoi progetti fu proprio costruire una "macchina per il popolo" (in tedesco: "Volkswagen"). Quando Porsche capì che Hitler aveva progetti simili ai suoi
fece di tutto per incontrarlo. Nel 1934 iniziò la loro collaborazione e già nel
1938 la "Volkswagen" era praticamente pronta. Fin dall'inizio aveva
la forma caratteristica del Maggiolino (vedi la foto sopra) che nei successivi 50 anni sarebbe
cambiata solo in alcuni dettagli.
Ma nel settembre del 1939 iniziò la
seconda guerra mondiale, fortemente
voluta da Hitler, e così solo pochissime macchine furono costruite. Durante
la guerra la fabbrica che doveva costruire le macchine
per il popolo fu destinata alla costruzione di macchine per l'esercito.
Dopo la guerra Porsche era politicamente compromesso e subì vari processi, ma
alla fine fu prosciolto. Nel 1950, all'età di 75 anni, aprì una nuova fabbrica a
Stoccarda
cominciando con la costruzione delle auto sportive "Porsche", come le conosciamo
oggi.
Dopo la guerra arriva il successo per la Volkswagen e per la Porsche:
a sinistra: una Volkswagen del 1950 a destra: una Porsche del 1949
Una Volkswagen del 1950
Una Porsche del 1949
Negli anni '50 e '60 la Volkswagen arrivò al successo in tutto il mondo.
In Germania il Maggiolino divenne il simbolo e il coronamento del nuovo benessere
di massa, del "miracolo economico" del
dopoguerra.
Il Maggiolino motorizzò le famiglie tedesche - non quelle ricche, che
preferivano la Mercedes,
ma quelle della fascia medio-bassa.
La Porsche puntò invece, fin dall'inizio, con le sue macchine sportive costosissime, a una clientela di lusso
e passò alla storia anche per numerosi successi nelle gare sportive. L'enorme
successo commerciale della Porsche ha posto la società tra i primi costruttori automobilistici
del mondo.
L'immagine delle due marche Porsche e
Volkswagen fu, fin dall'inizio, completamente diversa, quasi opposta: la Porsche rappresenta
da sempre un
sogno, realizzabile solo per pochi, la Volkswagen invece è la solida realtà, l'auto tecnologicamente avanzata, ma accessibile per molti.
Ma nonostante queste differenze le due marche erano strettamente legate l'una
all'altra. La Volkswagen aveva riaperto la produzione dopo la guerra con i
brevetti che erano di proprietà di Ferdinand Porsche e così, fino al 1954, la Volkswagen dovette pagare, per
ogni auto venduta, una quota fissa alla Porsche. Il grande successo del
Maggiolino garantì un flusso continuo di denaro nelle tasche della casa
automobilistica di Stoccarda. Ancora più importante fu il fatto che, all'inizio, la Volkswagen dovette fornire
alla Porsche i pezzi meccanici necessari per la produzione delle loro
machine: ciò significò un enorme risparmio di personale
e di mezzi finanziari per la ricerca e la produzione.
Le due famiglie Porsche e Piëch: parenti - serpenti
Ferdinand Porsche, il padre sia della Volkswagen che della Porsche, ebbe due
figli, Ferry Porsche e Luisa Porsche. Quest'ultima assunse, dopo il
matrimonio, il cognome Piëch e questi due rami della famiglia,
Porsche e Piëch avrebbero segnato la storia delle due marche fino ad
oggi - nel bene e nel male.
Fino al 1970 i due clan lavoravano ancora insieme alla guida della Porsche.
Ma quando due famiglie imparentate tra di loro possiedono e guidano una grande azienda i
problemi sono quasi inevitabili. Nel 1970 i Porsche e i Piëch non
riuscirono più a mettersi d'accordo sulle strategie aziendali
e decisero, come compromesso, di limitarsi alla proprietà della società,
affidando la sua guida a un manager esterno alla famiglia.
Ma nonostante ciò
i problemi tra i Porsche e i Piëch aumentarono, alimentati anche dalla vita
privata piuttosto movimentata di Ferdinand Piëch.
Poco dopo aver lasciato la Porsche, Ferdinand Piëch, che ebbe 12 figli con 4
donne, soffiò la moglie Marlene al cugino Gerd Porsche causando non pochi
ulteriori attriti. Marlene posseva una bella fetta di azioni della
Porsche e visto che tutti sospettavano che Ferdinand Piëch, sposando Marlene,
volesse solo aumentare la sua quota in Porsche, si limitò a convivere con
Marlene, dalla quale ebbe due figli (ma anche altri due con un'altra donna)
e alla fine la mollò per sposare la bambinaia dei figli. A questo punto i
Porsche e i Piëch ruppero definitivamento a livello privato e anche il
rapporto tra le due aziende si fece più difficile.
Il tentativo della Porsche di fare la scalata alla Volkswagen:
a sinistra: Ferdinand Piëch (nato 1937), capo della Volkswagen dal 1993 al
2015 a destra: Wendelin Wiedeking (nato 1952), capo della Porsche dal 1993 al 2009
Ferdinand Piëch (1937-2019), capo della Volkswagen dal 1993 al 2015
Wendelin Wiedeking (nato 1952), capo della Porsche dal 1993 al 2009
All'inizio degli anni '90 sia Porsche che Volkswagen si trovarono in una
grave crisi, causata soprattutto dal crollo delle vendite negli Stati Uniti.
Piëch riuscì comunque, in poco tempo, a ristrutturare la Volkswagen e a
rimettere i conti a posto, il che aumentò sia il suo prestigio personale che
il suo potere reale all'interno dell'azienda.
La Porsche era messa anche peggio e la marca prestigiosa stava addirittura
per essere venduta alla Toyota. Ma la famiglia Porsche non voleva vendere il
suo gioiello e
affidò la salvezza dell'azienda a un nuovo manager: Wendelin Wiedeking. Con
Wiedeking che sottopose l'azienda a una cura molto radicale la Porsche visse
un boom fenomenale: nel giro di 15 anni, il valore dell'azienda aumentò da
300 milioni di marchi a
25
miliardi.
Il grande successo che Wiedeking ottenne con la Porsche lo fece diventare,
agli occhi di molti, l'ideale successore di Piëch alla guida della
Volkswagen. Ma Wiedeking non era interessato, aveva altri progetti,
molto più ambiziosi: voleva scalare la Volkswagen, trasformarla in una
società controllata dalla Porsche. Per capire cosa aveva in mente bisogna
ricordarsi che la Volkswagen, nonostante il grande successo della Porsche, era pur sempre quindici volte più grande della Porsche. Era
Davide che voleva aggredire Golia. La Porsche, nei primi anni del 2000,
aveva molta liquidità, ma per comprare la maggioranza delle azioni della
Volkswagen ci volevano parecchi miliardi in più che Wiedeking e Wolfgang Porsche, il
nuovo uomo forte della famiglia, si fecero prestare dalle banche.
Piëch non rimase certo immobile quando vide la Porsche rastrellare sempre
più azioni della sua Volkswagen. "O muoio o vinco" era il suo motto e
cominciò a cercare alleati contro il rivale. Un primo alleato lo trovò nel
sindacato dei
metalmeccanici, che nella Volkswagen è molto potente e che occupa (per legge) 5
dei 25 posti del consiglio di aministrazione, un alleato divenne anchela regione di Bassa
Sassonia, che detiene un'importante pacchetto azionario della Volkswagen e
che è, anch'essa, rappresentata nel suo consiglio di amministrazione (la
fabbrica della Volkswagen si trova a Wolfsburg, nella Bassa Sassonia). Anche la cancelliera
Angela Merkelsi schierò con Piëch impegnandosi a bloccare la modifica di una
legge che avrebbe facilitato la scalata da parte della Porsche.
Ma quello che diede infine il colpo di grazia al tentativo di scalare la
Volkswagen fu la crisi finanziaria mondiale che iniziò nel 2008-2009 e che,
all'improviso, rese visibile la pericolosità dell'enorme indebitamento che
la Porsche aveva fatto per conquistare la Volkswagen. Porsche aveva
accumulato un debito di 14 miliardi di Euro che, una volta bloccata la
scalata, mancavano nelle sue casse. Invece di conquistare la Volkswagen, stava per fallire.
Pace fatta - a meno che...
Alla fine non fu la Porsche a conquistare la Volkswagen ma la Volkswagen ad
acquistare la Porsche. Per salvare la Porsche dalla rovina la Volkswagen
ne comprò i debiti integrandola nella "Volkswagen AG".
Piëch aveva vinto e Wiedeking se ne dovette andare, consolandosi però con una liquidazione di
50 milioni di Euro.
In realtà, la nuova, stretta integrazione tra Porsche e Volkswagen è un
grande vantaggio per entrambi i marchi che, pur rimanendo formalmente
autonomi, riescono così a programmare le
decisioni strategiche aziendali a lungo termine e possono sfruttare
molto meglio le loro risorse materiali e tecnologiche.
Quindi, tutti felici e contenti e la strada della Volkswagen AG per
conquistare il n° 1 dei produttori automobilistici del mondo era spianata.
Quindi, tutto bene, a meno che i futuri eredi dei clan Porsche e Piëch, che
sono numerosi e che tuttora detengono la maggioranza delle azioni di
entrambe le società, riescano a convivere in maniera più pacifica rispetto
al passato.