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Il Maggiolino - storia di un mito

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Il maggiolino modello VW 1303 Cabriolet
Il maggiolino modello VW 1303 Cabriolet, in produzione dal 1972 al 1980
foto:
Lothar Spurzem
Sono ormai tanti anni che il Maggiolino della Volkswagen non è più in produzione, ma probabilmente è una di quelle macchine che non muoiono mai. È diventato un mito e in questa pagina vi racconto la sua movimentata storia.

Il sogno di Ferdinand Porsche:

Ferdinand Porsche (1875-1951)
Ferdinand Porsche (1875-1951), in una foto del 1940
foto: Bundesarchiv
La storia del Maggiolino cominciò con la testardaggine di Ferdinand Porsche. Sì, era proprio quel Signor Porsche che nel 1950 avrebbe fondato la fabbrica di macchine sportive che ancora oggi fa sognare gli automobilisti di tutto il mondo. Già da bambino Porsche era un entusiasta della tecnica e in particolare delle prime (poche) macchine che all'epoca circolavano per le strade. Dopo la Prima Guerra Mondiale cominciò a lavorare per la più grande industria automobilistica tedesca Daimler (che più tardi avrebbe prodotto la Mercedes), disegnando macchine da corsa.

In quell'epoca, solo i più ricchi potevano comprarsi una macchina, il sogno di Porsche era invece costruire una macchina che tutti potevano permettersi. Nel 1929 portò questa idea al suo capo Daimler che però non voleva avventurarsi in un'impresa del genere e rifiutò. Così Porsche, nel 1931, si mise in proprio e cominciò a collaborare con Zündapp, un produttore di motociclette. Insieme costruirono tre prototipi che avevano però dei grossi problemi tecnici e Zündapp si ritirò dal progetto. Il partner successivo di Porsche fu la NSU, un'altra ditta costruttrice di motociclette. Insieme migliorarono il motore e lo resero più affidabile. Ma i tempi erano duri e dopo gravi problemi finanziari, Porsche era di nuovo da solo alla ricerca di un nuovo partner che potesse finanziare la realizzazione del suo sogno.

Il progetto di Adolf Hitler:

Porsche spiega a Hitler  le carattestiche della sua 'macchina del popolo'
Porsche (a sinistra) spiega a Hitler (al centro) le carattestiche della sua "macchina del popolo"
foto:
www.porscheprototype.com
Nel 1925, Adolf Hitler, all'epoca ancora un uomo politico poco conosciuto, lesse una biografia di Henry Ford che, con il "Modello T", aveva creato per la prima volta una macchina accessibile per un pubblico più largo, e si mise in testa di far costruire in Germania una "macchina per il popolo" (in tedesco: "Volkswagen") che poteva anche essere un ottimo argomento a suo favore nelle future campagne elettorali.

Hitler arrivò al potere nel 1933 e quando Porsche capì che Hitler aveva progetti simili ai suoi fece di tutto per incontrarlo. Hitler fu entusiasta quando, nel 1934, conobbe Porsche e gli espose subito un programma piuttosto impegnativo. La sua "macchina per il popolo" doveva soddisfare le seguenti condizioni:
Hitler pone la prima pietra per la fabbrica del Maggiolino
Nel 1938, a Fallersleben (oggi Wolfsburg)  Hitler pone la prima pietra per la fabbrica del Maggiolino
foto: Bundesarchiv
Erano delle condizioni difficili da realizzare, ma Porsche accettò lo stesso l'incarico di Hitler, era una chance unica per lui. Tra il 1936 e il 1937 i primi 34 prototipi furono provati in un test massacrante, percorrendo insieme circa 2,4 milioni di chilometri e già nel 1938 la "Volkswagen" era praticamente pronta. Fin dall'inizio aveva la forma caratteristica del Maggiolino che nei successivi 50 anni sarebbe cambiata solo in alcuni dettagli.
Il Maggiolino viene presentato al pubblico
Il Maggiolino viene presentato al pubblico, nel 1939, in occasione di una festa per la stampa tedesca
foto: Bundesarchiv
Nello stesso anno fu posta la prima pietra della fabbrica per la costruzione di serie (vedi la foto sopra) che doveva iniziare nel settembre del 1939. La macchina doveva costare 990 Reichsmark ed era stato ideato un sistema di pagamento a rate: si dovettero comprare settimanalmente dei bollini da 5 marchi, per un periodo di circa 4 anni. Circa 337.000 persone aderirono a questa campagna di accumulo di soldi, che continuò anche durante la guerra. La somma raccolta in questo modo crebbe fino a complessivamente circa 280 milioni di marchi.

La guerra ferma tutto:

Ma proprio nel settembre del 1939 Hitler occuppò la Polonia scatenando così la seconda guerra mondiale e per questo solo pochissime macchine furono costruite. In guerra Hitler aveva un gran bisogno di macchine e perciò la fabbrica che doveva costruire le macchine per il popolo fu destinata alla costruzione di macchine per l'esercito. I generali avevano bisogno di macchine economiche, ma robuste e facili da riparare. Così il "Volkswagen" (macchina del popolo) diventò il "Kübelwagen" ("Kübel" significa "mastello"). Esisteva anche una versione anfibia ("Schwimmwagen") e un'altra, un po' più commoda, per i comandanti e i generali ("Kommandeurwagen").
1942: il Maggiolino trasformato per uso militare
1942: il Maggiolino trasformato per uso militare (nell'Africa settentrionale)
foto: Bundesarchiv
I soldi messi via da molti piccoli risparmiatori che volevano comprarsi la Volkswagen giacevano nel frattempo in banca e aspettavano tempi migliori. Ma i risparmiatori dovettero aspettare fino al 1961 quando la Volkswagen decise di concedere loro uno sconto di 600 marchi sull'acquisto di una nuova Volkswagen. Con un prezzo che allora era di circa 3.800 marchi fu un'offerta senz'altro interessante.

Dopo la guerra arrivò il grande successo:

DDopo la fine della guerra la Germania fu divisa in quattro zone, ognuna amministrata da uno dei paesi vincitori, cioè dalla Francia, USA, Inghilterra e Unione Sovietica. La fabbrica di Volkswagen a Wolfsburg si trovava nella zona inglese che forse la salvò perché i francesi e soprattutto i russi smontarono quasi tutte le grandi fabbriche nelle loro zone per portare i macchinari nelle loro patrie, mentre gli americani ritenevano la Volkswagen una macchina superata. Gli inglesi invece rimisero in moto la produzione e, dopo aver restituito la fabbrica all'amministrazione tedesca nel 1948, nominarono Heinrich Nordhoff, che prima della guerra aveva lavorato per la Opel, responsabile della nuova azienda.

Per la sua stretta collaborazione con Hitler, Porsche era politicamente compromesso e dovette subire vari processi, ma alla fine fu prosciolto. Comunque, il suo ufficio di costruzioni che aveva aperto nel 1931 esisteva ancora e così Ferdinand Porsche ricominciò da capo, aprendo nel 1950, all'età di 75 anni, una nuova fabbrica a Stoccarda cominciando con la costruzione della macchina Porsche, come la conosciamo oggi. E come si sa ha avuto un certo successo.

Heinrich Nordhoff fu l'uomo che, negli anni '50 e '60 portò il Maggiolino (che in Germania viene chiamato Käfer), e con esso la Volkswagen, al successo in tutto il mondo. Sbarcò con la Volkswagen prima in Irlanda (1950), poi in Sudafrica (1951), in Brasile (1953) e in Australia (1955). Nel 1955 fu aperta la "VW of America" e, contro ogni aspettativa, il successo della piccola macchina tedesca continuò anche negli Stati Uniti dove la gente si era ormai abituata a macchine ben più grosse. In Germania il Maggiolino diventava il simbolo e il coronamento del nuovo benessere, del "miracolo economico" degli anni '50 e '60. Il Maggiolino ha motorizzato le famiglie tedesche - non quelle ricche, che preferivano la Mercedes, ma soprattutto quelle della fascia medio-bassa.
Un Maggiolino, modello del 1950
Un Maggiolino, modello del 1950
foto: Lothar Spurzem
Un Maggiolino, modello del 1965
Un Maggiolino, modello del 1966
foto: Vwexport1300
Solo negli anni '70 la richiesta del Maggiolino, almeno in Europa e negli Stati Uniti, cominciò a calare e nel 1978 l'ultima macchina di questo tipo lasciò la catena di montaggio a Wolfsburg.

Ma il "Käfer" non era morto. In Brasile e in Messico le fabbriche della Volkswagen continuavano a produrre questo modello con successo. Fino al 2003, quando l'ultimo Maggiolino uscì dalla fabbrica messicana della Volkswagen, sono state costruite 21,5 milioni di macchine di questo tipo, di cui 15,8 milioni in Germania. Ma da quando non è più in vendita, il Maggiolino è diventato una macchina "di culto": i raduni delle vecchie Volkswagen si tengono regolarmente e il numero di macchine di questo tipo ancora in circolazione non sembra diminuire. Chi ce l'ha ancora se lo tiene stretto, lo cura e lo coccola. E si capisce il perché.

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