Federico II di Prussia (1712-1786) Quadro di Anton Graff
Il seguente articolo è il testo integrale di una conferenza.
Relatore:
Wolfgang Pruscha
La Prussia - uno stato esistito per soli 170 anni:
Quando si pensa alla Prussia viene in mente di solito il periodo del suo massimo
potere, cioè il 700-800 e si pensa alla dinastia degli Hohenzollern, in
particolare al re della Prussia Federico II, chiamato anche
Federico il
Grande.
In quell’epoca la Prussia faceva parte dei cinque stati che
dominavano l’Europa (Russia, Austria, Francia,
Inghilterra e Prussia). Ma
mentre gli altri stati, in quell’epoca, avevano alle spalle già centinaia di
anni di storia e oggi sono tutti degli stati con un passato millenario, la
Prussia, in senso stretto, è esistita per soli 170 anni, e cioè
dal 1701 al 1871. Ma in quegli anni la
Prussia mise sottosopra l'intero sistema dei poteri in Europa.
Dopo il 1871 cominciò lentamente a sparire e oggi è del tutto scomparsa,
senza lasciare (quasi) nessuna traccia.
Certo, nel 1701 la Prussia non
nasce dal nulla: prima c’è stata una lunghissima preistoria che inizia
intorno al 1100, e
questa preistoria si articola in due rami che per molti secoli si svilupparono
in maniera completamente indipendente l’uno dall’altro. In quei
secoli a nessuno sarebbe venuto in mente che questi due rami avrebbero
potuto avvicinarsi e infine unirsi, per far nascere lo stato della Prussia come
lo conosciamo oggi – cosa che tra l’altro avvenne quasi per
caso.
I due rami della preistoria della Prussia:
A - La regione abitata dalle tribù
prussiane. Lo stato dell'Ordine teutonico si estendeva da lì verso nord,
fino all'odierna Lettonia e Estonia B - L'origine della dinastia degli
Hohenzollern, nella Svevia
Il primo di questi due rami riguarda la storia dello stato
dell'Ordine teutonico, fondato all'inizio del 1200 nel territorio dei paesi
baltici, nell'estremo nord-est dell'odierna Germania. L'Ordine
teutonico, i cui membri erano monaci, fu una congregazione militare e
ospedaliera nata nel 1191 in Palestina, durante la terza crociata.
Il
secondo dei due rami riguarda la storia della dinastia degli Hohenzollern
che iniziò nell'anno 1100 nella Svevia, nell'estremo sud-ovest della
Germania (nella carta di sopra indicato con B).
Per capire meglio l'inizio della preistoria della Prussia
dobbiamo cominciare dai Prussiani (o Pruzzi) che vivevano in un territorio sul Mar
Baltico che oggi si trova al confine tra Polonia e Russia (nella carta di
sopra indicato con A).
Chi erano i Prussiani?
Delle dieci tribù dei Prussiani non si sa molto, dai ritrovamenti archeologici
sappiamo che vivevano in quella zona già da più di mille anni. Avevano una loro
lingua, ma non conoscevano ancora la scrittura e quindi non esistono dei
documenti di prima mano. Erano delle popolazioni pagane. Peter von
Dusburg, un monaco e cronista dell'Ordine teutonico scrisse di loro:
"Poiché essi non conoscevano il Signore, adoravano
erroneamente le sue creature, ovvero il sole, la luna, le stelle, gli
uccelli, i quadrupedi, e anche le serpi. Essi possedevano fiumi, campi e
boschi sacri, ove non osavano arare, pescare o raccogliere legna."
Tra il 1000
e il 1300 siamo nell'epoca della cosiddetta evangelizzazione delle
popolazioni pagane dell'est. Una evangelizzazione che contemporaneamente era
anche una conquista militare dei loro territori, una specie di
colonizzazione, in cui religione, politica ed economia formavano spesso un
intreccio difficile da districare.
Questa evangelizzazione non si
svolse in modo uguale in tutte le regioni dell'est, dipendeva molto dai
metodi adoperati da chi la portava avanti, ma raramente avvenne senza
spargimento di sangue.
I primi a tentare di evangelizzare i
Prussiani e di occupare i loro territori furono i Polacchi (che erano già
stati cristianizzati prima), a partire dall’anno 1000.
Ma in questo caso contavano anche altri
obbiettivi oltre a quelli religiosi e cioè: ottenere uno sbocco sul Mar Baltico
per potersi inserire in una delle tratte commerciali più proficue
dell'epoca. Un altra cosa che li attirava era
l'ambra, chiamata anche l'oro del Mar
Baltico. Avere in mano la raccolta dell'ambra e il suo commercio
prometteva ricchezza assicurata.
Ma questi tentativi di conquista da parte dei Polacchi non ebbero successo, all'aggressione
con la spada i Prussiani risposero con gli stessi metodi e lo fecero in
modo molto efficace.
Per questo, papa Eugenio III autorizzò
nel 1147 una
"guerra santa" nei confronti dei popoli slavi, equiparandola addirittura a
quella che si combatteva in Palestina contro i musulmani. Nella bolla papale
scrisse che i pagani
slavi andavano combattuti “fino al momento in cui, con l'aiuto di Dio, essi
devono essere o convertiti o cancellati”.
Ma anche
questa guerra fu un fallimento e la controffensiva dei Prussiani fu
talmente violenta che i Polacchi e i combattenti alleati furono costretti a chiedere aiuto
all'Ordine teutonico.
La conquista
dei territori dei Prussiani e della loro evangelizzazione da parte
dell'Ordine teutonico iniziò nel 1234. I Cavalieri teutonici combattevano
con lo spirito delle crociate: "morte agli infedeli". O battesimo o morte. A
causa della continua resistenza, nel 1243Papa Innocenzo IV proclamò un'altra
crociata contro i Prussiani. Ma questi non volevano rinunciare alle loro terre e alla loro religione che era anche
il loro modo di vivere e si difesero con forza. Alla fine dovettero però
arrendersi alla maggiore esperienza militare e agli armamenti migliori e più
efficaci dei
Cavalieri teutonici. Fu un massacro: pochi battesimi e tanti morti.
La rivolta dei Prussiani (a sinistra) contro i cavallieri teutonici (a
destra) durò 12 anni, dal 1260 al 1272.
Dopo alcuni anni di apparente calma, nel 1260 scoppiò una rivolta generale
di tutte le tribù prussiane. Fu una vera e propria guerra che durò 12 anni,
fino al 1272. Nel frattempo i Prussiani avevano imparato le tecniche
di combattimento dei nemici e i Cavalieri teutonici furono inizialmente
costretti ad abbandonare la maggior parte dei territori prussiani e persino
alcune fortezze costruite da loro per dominare la regione.
Ma mentre i Prussiani erano sempre più
esausti da decenni di ribellioni, l'Ordine reclutava continuamente nuovi
cavalieri dal Reich che combattevano di solito solo per un anno, al massimo per due,
per essere poi sostituiti da nuove forze fresche, e questo alla fine diede
all'Ordine teutonico il vantaggio decisivo per vincere la guerra. La
riconquista dei territori delle tribù prussiane fu di nuovo devastante e
alla fine fu quasi un miracolo se rimasero ancora dei Prussiani.
La fine della rivolta dei Prussiani, disegno dell'epoca.
Lo stato dell'Ordine teutonico:
I Prussiani rimasti che avevano collaborato con l'Ordine ottennero il
diritto a un pezzo di terra e si germanizzarono in poco tempo. Gli altri
invece erano la parte più povera della popolazione; lo storico britannico
A.J.P. Taylor parla di questi ultimi come di "braccianti senza terra". La loro
lingua e la loro cultura sparì un po' alla volta e dopo poche generazioni
i Prussiani erano diventati una presenza quasi trascurabile nei territori
dove una volta dominavano.
A questo punto nasce una domanda: visto
che i Prussiani dopo le guerre con l'Ordine teutonico erano praticamente spariti, perché lo stato che sarebbe nato 400 anni dopo
si chiamò proprio "Prussia"?
Un primo motivo consiste in un fatto
sorprendente, piuttosto raro nella storia: quelli che avevano conquistato i
territori, che prima non avevano un nome, diedero a questi territori il nome
dei vinti, cioè Prussia. La causa per la quale anche secoli più
tardi gli Hohenzollern - che non c'entravano nulla con lo stato dell'Ordine
teutonico - usarono questo nome per il loro stato è invece un'altra storia
di cui si parlerà più avanti.
Il '200
fu un secolo di
orrori, non c'è nulla da abbellire o da mascherare. Nel '300 invece,
l'Ordine teutonico dimostrò di saper costruire uno stato che, paragonato
alle monarchie feudali di quell'epoca, era sorprendentemente evoluto. Era
una repubblica con un sovrano eletto, divisa in province che erano
amministrate in modo molto efficace. I Cavalieri erano monaci e le loro
regole vietavano il possesso di terreni o di altri tipi di beni, quindi era
difficile corromperli, come amministratori non potevano arricchirsi
personalmente. Gli immigranti tedeschi, contadini, artigiani e commercianti
che dopo la guerra arrivavano in gran numero contribuirono a una fioritura economica
dello stato dell'Ordine che suscitò ammirazione in molti contemporanei.
Molto bravo nella politica interna, l'Ordine era molto meno bravo nella
politica estera: continuò con una politica molto aggressiva e espansiva,
volendo conquistare anche altri territori. Ma questo creò, a partire dal
400, una
lunga serie di guerre con gli stati vicini, soprattutto con la
Polonia e la
Lituania. Queste guerre indebolirono lo stato dell'Ordine Teutonico anche
all'interno, perché le corporazioni dei commercianti ed artigiani che erano
diventati sempre più forti e più ricchi, erano totalmente esclusi dalla sfera politica, riservata
invece ai
monaci dell'Ordine. E queste corporazioni guardavano con invidia alla
Polonia dove le corporazioni simili avevano invece un notevole peso nella politica. E così, nelle guerre del '400, contro la Polonia e la
Lituania le città più importanti della Prussia, si allearono con i nemici
contro il dominio dei Cavalieri Teutonici.
La battaglia di Tannenberg (1410) A sinistra l'esercito della Polonia e
della Lituania insieme alle città alleate della
Prussia, a destra l'esercito dell'Ordine teutonico. Fonte:
Berner Chronik des Diebold Schilling des Älteren
Una delle più importanti
battaglie in questa guerra fu quella di Tannenberg nel
1410 che fu una
totale disfatta dell'Ordine teutonico. Queste guerre finirono con
la pace di Thorn (1466) in cui l'Ordine teutonico dovette cedere la Prussia
alla Polonia. Solo la parte orientale rimase all'Ordine, ma come feudo, cioè
come protettorato sottoposto al re della Polonia.
E se
non ci fosse stato quell'altro ramo della preistoria della Prussia, quello
della casata degli Hohenzollern, lo stato della Prussia non sarebbe mai
nato.
Il castello degli Hohenzollern oggi, dopo numerose ristrutturazioni foto:
A. Kniesel
La casata degli Hohenzollern proveniva dalla Svevia, nel sud-ovest della Germania. Non possedevano molte terre ma i loro sovrani erano
degli abili diplomatici che seppero rendersi importanti per l'imperatore. Nel 1192 divennero amministratori del castello di
Norimberga, dove l'imperatore risiedeva
frequentemente.
Nel 1410 fu eletto come nuovo imperatore
Sigismundo di Lussemburgo che prima governava il Brandeburgo, e per i preziosi servizi resi a lui,
Federico VI della casata degli Hohenzollern, fu nominato nuovo amministratore della
Marca di Brandeburgo. Nel
1415 divenne addirittura uno dei sette
Principi Elettori del Reich, chiamandosi adesso
Federico I di Brandeburgo.
Il
Brandeburgo era la meno importante e una delle più povere regioni della
Germania. I terreni da coltivare erano di scarsa qualità, molto sabbiosi,
con tante paludi. Politicamente era dilaniato da continue lotte tra le
città, i ricchi latifondiari e da parecchi Cavalieri predoni che
resero insicura la regione. Ma nel secolo successivo i nuovi sovrani degli
Hohenzollern riuscirono a mettere un po’ di ordine in questa regione che
rimase comunque, nella considerazione degli altri sovrani tedeschi,
all'ultimo posto. Ma le cose sarebbero cambiate.
A: l'origine della casata degli Hohenzollern (nel
1100), B: la Marca di Brandeburgo
governata da Federico I di Brandeburgo, della casata degli Hohenzollern
(nel 1415), C: la Prussia, governata
dall'Ordine teutonico (nel 1400)
Nel 1511 viene eletto come nuovo Gran maestro dell'Ordine teutonico
Alberto di Brandeburgo che era, casualmente, anche lui della casata degli Hohenzollern. Non c’era tanta simpatia tra lui e suo cugino che regnò nello stesso tempo
nel Brandeburgo. Quest’ultimo era un fervente cattolico, mentre Alberto era noto per le sue simpatie per la riforma protestante di Lutero.
Pochi anni dopo, nel 1525, questo Alberto operò un vero e proprio
colpo di stato, un tradimento che scandalizzò molti in Germania. Come Gran Maestro dell’Ordine sciolse lo stato dei Cavalieri teutonici e aderì ufficialmente alla Riforma protestante. Con un trattato tra Alberto e il Re di Polonia si creò il nuovo
Ducato di Prussia, che rimase uno stato vassallo della Polonia, ma adesso non più collegato allo stato dell’Ordine teutonico. Alberto diventò il primo Duca di questo nuovo stato e lì attuò la secolarizzazione dei beni dell’Ordine.
Per questo fu messo subito al bando dall’imperatore del Reich. Ma tutto sommato Alberto di Prussia, come si chiamava adesso, governò abbastanza bene, fondò scuole in tutte le città e anche la prestigiosa l'università di Königsberg dove più tardi
avrebbe insegnato Immanuel Kant.
Nonostante il fatto che ora sia il Brandeburgo che il Ducato della Prussia fossero entrambi governati da esponenti degli Hohenzollern, nei successivi 100 anni non successe niente che potesse
avvicinare i due stati. Non c’era nemmeno un piano o un’idea di farlo.
La nascita dello stato Brandeburgo-Prussia
A questo punto va spiegata una cosa importante: per conquistare nuovi
territori, in quell’epoca non c’era solo la guerra, c'erano anche le cosiddette
“candidature all’eredità”. Funzionava così: I sovrani di praticamente tutta
l’Europa si sposavano tra di loro e sposavano anche i propri figli con
quelli degli altri. Se un sovrano rimaneva senza figli maschi, iniziava
subito la ricerca del parente maschio più vicino, cioè del “candidato
all’eredità”. Che poteva benissimo essere di un altro stato. Se le cose
andavano bene c’era un nuovo sovrano che apparteneva a un altro stato. Se
andava male significava guerra tra i vari contendenti che poteva anche
coinvolgere altri stati.
Così facevano anche gli Hohenzollern che governavano il Brandeburgo: tra le varie unioni matrimoniali con altri stati fecero sposare anche due figli maschi con due figlie del Duca di Prussia.
Questi due matrimoni potevano anche rimanere senza nessuna conseguenza politica, ma il caso volle che nel
1618 il Duca di Prussia morì, senza eredi. E a questo punto il sovrano di Brandeburgo divenne anche il Duca di Prussia.
Rimasero però due stati separati di cui uno, il Ducato di Prussia, era sempre uno stato vassallo del Re della Polonia, ma ora erano governati dalla stessa persona.
Solo dopo una guerra tra la Polonia e la Svezia, nella quale il Duca di Prussia si mise
abilmente una volta con i Polacchi e un'altra volta con gli Svedesi, gli Hohenzollern riuscirono a scrollarsi di dosso la dipendenza dal Re di Polonia.
1701 - ecco finalmente la Prussia
Siamo nel 1660 e per la prima volta si
intravede la possibilità di uno stato unitario. A questo punto torniamo a
una domanda già posta prima: Perché questo stato unitario è stato chiamato "Prussia" e non "Brandeburgo" che
nel frattempo era diventata la parte molto più importante?
La risposta sta nella vanità dei sovrani dell'epoca.
Il nuovo stato Brandeburgo-Prussia aveva raggiunto delle dimensioni notevoli ed era, non già una grande potenza, ma comunque una potenza media tra gli stati dell'Europa. E il sovrano di Brandeburgo-Prussia,
Federico III, che regnò dal 1688 al 1713 e che portava sempre i titoli
"Margravio di Brandeburgo" e "Principe Elettore" voleva essere di più, voleva diventare un Re.
Purtroppo, costituzionalmente non era possibile all'interno del Sacro Romano Impero che conosceva solo un "Re della Germania". Ma Federico trovò un modo per diventarlo.
Nel suo Brandeburgo non poteva portare il titolo di "Re", nel suo Ducato di Prussia, che non faceva parte del Sacro Romano Impero, invece era possibile. E così, nel
1701 Federico III di Brandeburgo si
autoincoronò con il nome di Federico I re in Prussia. Non "re DI Prussia", ma "re IN Prussia". Questo "IN" era un piccolo difetto del titolo, ma era necessario perché la Polonia possedeva sempre la parte occidentale della Prussia, e chiamarsi "Re di Prussia" sarebbe stato un atto di prepotenza che l'Imperatore sicuramente non avrebbe accettato, e poi poteva significare anche guerra con la Polonia. Di conseguenza, l'incoronazione non avvenne nel Brandeburgo, ma
alcune centinaia di chilometri più a est, a Königsberg, nella Prussia.
L'autoincoronazione di Federico I, re in Prussia quadro di
Anton von Werner
Ma ora Federico I era comunque un re, anche la popolazione del Brandeburgo lo chiamava così e tutti gli atti dello stato, a partire dal 1701, erano
"atti reali". Anche se dovevano passare altri 70 anni prima che il sovrano potesse chiamarsi finalmente "Re di Prussia"
(dopo l'annessione militare della parte polacca della Prussia) il regno della Prussia era nato nel 1701.
Oltre ai titoli Federico I amava anche il lusso e sotto il suo governo gli sprechi nella gestione della corte e la corruzione aumentarono a dismisura. Le altissime spese dello stato portarono all'impoverimento della popolazione e
quando Federico morì, nel 1713, la Prussia era praticamente in bancarotta. Lasciò al suo successore uno stato con l'enorme debito di 20 milioni di talleri.
La Prussia del 1713
Se guardiamo la carta geografica dello stato che Federico I, il primo re
prussiano, lasciò al suo successore sono subito evidenti alcune cose:
La Prussia non è affatto uno stato unitario: ci sono due territori più
grandi, ma distanti tra di loro e altri sette territori piccoli, sparsi per
tutta la Germania. Ma anche il territorio centrale, quello più grande, in
realtà è diviso: oltre al Brandeburgo ci sono la Pomerania e il Ducato di
Magdeburgo, due parti importanti della Prussia, ma molto diversi tra loro e
dal Brandeburgo.
In questo stato
esistono popolazioni con culture, dialetti, confessioni religiose e
tradizioni diverse. Non è uno stato cresciuto in modo organico, ma un
insieme di territori tenuti insieme solo per motivi politici.
Se
consideriamo poi che Federico I nel 1713 lasciò al suo successore, Federico
Guglielmo I, uno stato vicino alla bancarotta con debiti giganteschi causati
soprattutto da sprechi e corruzione capiamo che per far sopravvivere questo
stato erano necessari degli sforzi enormi, soprattutto in tre direzioni:
mettere in ordine le finanze disastrate dello stato
creare all'interno il più possibile una maggiore coesione delle varie popolazioni
unire il più possibile le varie parti dello stato, conquistando i territori che le separavano
Questi tre obbiettivi furono quasi
pienamente raggiunti dai due sovrani che governarono la Prussia dal 1713 al
1786, cioè Federico Guglielmo I e
Federico II, chiamato anche
Federico il
Grande. Questi due re crearono uno stato che era un piccolo capolavoro di efficienza, ammirato in tutta l'Europa. Uno stato per certi versi moderno con
un sovrano che amava la cultura, ma allo stesso tempo fu anche uno stato temuto per la sua forza e la sua aggressività militare. Uno stato pieno di contraddizioni, uno stato diverso dagli altri, insolito,
sotto molti aspetti straordinario.
Com'era la nuova Prussia?
Federico Guglielmo I, 1688-1740 Quadro di Antoine Pesne (1733)
Come primo atto ufficiale della sua reggenza Federico Guglielmo I dichiarò
nullo il bilancio dello stato approvato da suo padre, il defunto monarca.
Ridusse drasticamente il costo della sua corte, il personale della casa
reale fu ridotto da 142 a 46 impiegati. Dei 24 castelli posseduti dal padre
ne mantenne solo sei, gli altri furono venduti o dati in affitto.
L'orchestra di corte venne sciolta, furono venduti all'asta vini preziosi
che facevano parte della cantina reale, oltre a mobili e oggetti d'oro e
d'argento. I teatri finanziati dallo stato vennero chiusi e le accademie
statali non ottennero nuovi fondi. Non a tutti piaceva questo drastico
regime di risparmi, non solo negli ambienti della corte che erano abituati
alle feste e alla vita lussuosa del predecessore. Anche molti artigiani, che
prima lavoravano per la corte, rimasero disoccupati e dovettero cercarsi
nuove fonti di guadagno. Tutta l'amministrazione dello stato fu
radicalmente ristrutturata e resa più snella ed efficace.
Ma queste
riforme radicali, oltre a rimettere in sesto le finanze dello stato, avevano
anche altri motivi. In una delle sue prime riunioni Federico Guglielmo
dichiarò:
«Mio padre trovò la propria gioia nel costruire palazzi
grandiosi, nell'avere una gran quantità di gioielli, argento, oro e altre
magnificenze - permettete di dar sfogo anche ai miei desideri, voglio avere
una gran quantità di buone truppe.»
Infatti, Federico
Guglielmo I fu chiamato anche "Re Soldato" per l'impronta militarista della
sua politica. Per lui, uno stato forte non poteva esistere senza un esercito
forte.
Nel 1719 l'esercito prussiano contava 54.000 uomini, venti anni dopo, nel
1739 erano già più di 80.000. L'Austria, la Russia e la Francia avevano degli
eserciti più grandi, ma in relazione al numero della popolazione
l'esercito
prussiano era al primo posto in Europa. Sotto i due re Federico Guglielmo e
Federico il Grande la Prussia spese circa l’80% del bilancio dello stato per
l’esercito. Il conte di Mirabeau, un uomo politico francese del '700,
disse della Prussia:
“Altri stati possiedono un esercito, la Prussia
invece è un esercito che possiede uno stato“.
Visto da fuori
poteva proprio sembrare così, ma se guardiamo questo stato più da vicino scopriamo
che la Prussia era molto di più.
I soldi per la manutenzione di un
esercito permanente di queste dimensioni dovevano venire da qualche parte e
la “pressione fiscale” in Prussia era sicuramente da record europeo. Ma i re
della Prussia si rendevano perfettamente conto che, come disse Federico il
Grande, “una mucca che ha fame non dà latte”. Di conseguenza, per creare
lavoro e con questo garantire alla popolazione il pane in tavola, lo stato
sovvenzionò intensamente l’agricoltura e le piccole manifatture e introdusse
nelle università della Prussia, per la prima volta in Europa, delle cattedre
di economia.
Quando mancavano degli operai specializzati per
determinati progetti lo stato li chiamò dall’estero. Già un secolo prima,
nel 1632, la Prussia aveva chiamato a lavorare dei tecnici olandesi,
specializzati nell’architettura del paesaggio e nella costruzione di canali
e dighe.
Il "quartiere olandese" a Potsdam, costruito nel '600 per gli olandesi,
chiamati a lavorare in Prussia. foto:
Wolfgang Pruscha
La nazionalità dei suoi sudditi
era totalmente indifferente per i sovrani della Prussia, tutti quelli che
potevano servire allo stato erano benvenuti – non importava se erano
tedeschi, olandesi, francesi, polacchi, russi o austriaci.
Nella
stessa ottica dobbiamo vedere la tolleranza religiosa della
Prussia che per l’epoca era insolita, anzi, per molti scandalosa. Due esempi che
fecero clamore in Europa:
Nel 1685 il re della Francia cancellò il
cosiddetto Editto di Nantes che per molti anni aveva garantito la libertà di
confessione agli Ugonotti, cioè ai protestanti in Francia. Appena
una settimana dopo l’allora principe elettore del Brandeburgo Federico
Guglielmo rilasciò a sua volta l'Editto di Potsdam che conferì a tutti i
perseguitati protestanti francesi il diritti di venire in Prussia e di
svolgere lì liberamente la loro attività. Cosa che doveva rivelarsi una
decisione molto intelligente perché nei decenni successivi gli Ugonotti diedero un grande aiuto allo
sviluppo dell’economia prussiano. Alla fine del ‘700 il 30% degli abitanti
di Berlino erano francesi.
una cosa molto simile successe nel 1732
quando Federico Guglielmo I accolse migliaia di protestanti cacciati via dall'arcivescovo di Salisburgo.
Federico Guglielmo riceve gli ugonotti fuggiti dalla Francia (1685)
Quadro di Hugo Vogel
Tutto questo non successe per motivi umanitari, ma esclusivamente per
sviluppare l'economia del paese. Le uniche condizioni per i nuovi arrivati
erano: lavorare e pagare le tasse. E quelli che pagavano più tasse erano
anche esonerati dall'essere collocati nell'esercito in caso di guerra.
Questa totale indifferenza nei
confronti della nazionalità e della religione dei suoi sudditi era
indispensabile per la Prussia. Non essendo uno stato cresciuto in maniera
organica, bensì assemblato in modo artificiale da pezzi molto diversi tra di
loro, senza questa politica la Prussia non sarebbe sopravvissuta.
La
Prussia non pretendeva dai suoi sudditi un orgoglio nazionale, anche perché non era
possibile, di nazionalità ce n'erano troppe. Non chiedeva l'identificazione
con le tradizioni, perché non esisteva una tradizione unitaria. Tutto quello
che lo stato prussiano chiedeva era la disciplina per quanto riguarda lo
svolgimento del proprio lavoro, qualunque cosa fosse, e il rispetto del
singolo per le ragioni dello stato.
Una famosa
frase di Federico II fu "Il re è il primo servitore dello Stato."
Ma non solo il re. Tutti, dal contadino più umile fino al re erano al
servizio dello stato che era qualcosa al di sopra delle persone.
La Prussia sotto Federico II (Federico il Grande):
La prima cosa che Federico II fece
quando salì al trono (nel 1740) fu
invadere la
Slesia, una delle più ricche
regioni dell'Austria. Non esisteva nessuna legittimazione per farlo e
Federico non fece nemmeno finta di averne una.
Ma l'occasione era
buona: L'Austria si trovava in un momento difficile, cioè gli Asburgo erano
rimasti senza erede maschile. Per essere preparato a un tale avvenimento,
Carlo VI, della casa degli Asburgo e imperatore del Sacro Romano Impero,
aveva elaborato, nel 1713, la cosiddetta Prammatica Sanzione che, in
mancanza di un erede maschio, dava il diritto di successione al trono alla
prima figlia dell'imperatore. E così, nel 1740,
Maria Teresa d'Asburgo, alla
tenera età di 23 anni, ereditò la corona d'Austria, un fatto assolutamente
inedito e per molti anche scandaloso.
Maria Teresa d'Asburgo, all'età di 23 anni Quadro di Gabriello Mattei
Anche se gli altri monarchi
avevano dato, nel 1713, il loro consenso alla "Prammatica Sanzione", nel
1740 sembrava che non se ne ricordasse più nessuno.
L'Austria, con
la sua giovanissima e inesperta regnante sembrava un avversario debole. Le
altre monarchie dell'Europa non si scandalizzarono più di tanto dell'attacco
della Prussia, anzi, invece di correre in aiuto all'Austria, la Francia, la
Baviera e la Sassonia si allearono con l'aggressore, nella speranza di poter
partecipare allo smembramento dell'Austria.
Inoltre, nel 1740,
la Slesia era spoglia di truppe austriache, impegnate in altri teatri di
guerra, e così la conquista di questa regione fu una passeggiata per l'esercito
prussiano.
Ma quali erano i motivi per questo apparentemente
immotivato attacco all'Austria?
La Slesia possedeva
dei ricchi giacimenti
di carbone e le fabbriche che lavoravano il ferro per la produzione di armi
avevano un crescente fabbisogno di carbone.
La Slesia era
una regione
molto popolata e per Federico II un numero alto di sudditi era il tesoro più
prezioso per uno stato. Più sudditi = più persone che lavorano = più
sviluppo di industria e agricoltura = più persone che pagano le tasse = più
soldati in caso di necessità.
Come il suo predecessore anche Federico
II dedicò la massima attenzione allo sviluppo dell'industria e
dell'agricoltura. Per migliorare la situazione dell'alimentazione della
popolazione promosse intensamente la coltivazione delle patate e si impegnò
anche personalmente:
Federico II durante la raccolta delle patate Quadro di Robert Warthmüller
L'Austria non digerì mai la perdita della Slesia
e cercò, negli anni seguenti nuove alleanze contro la Prussia, cosa che non
era difficile. Perché gli ex-alleati della Prussia ora erano piuttosto
arrabbiati perché
Federico II, invece di far partecipare Francia, Baviera e Sassonia alla sua
vittoria, aveva fatto una pace separata con l'Austria lasciando gli alleati
a mani vuote. Federico II voleva solo la Slesia, non era interessato a un
ulteriore indebolimento dell'Austria. Ma questo spinse la Francia di nuovo
verso l'Austria, questa volta per impedire che la Prussia diventasse troppo
forte.
La guerra dei sette anni e la spartizione della Polonia
Ormai l'equilibrio dei poteri in Europa era diventato molto
instabile e il sistema di alleanze in subbuglio. E così, nel 1756 scoppiò
una nuova guerra in Europa, la cosiddetta guerra dei sette anni.
Gli
attori principali erano la Prussia da una parte e l'Austria, la Francia e la
Russia dall'altra parte. Ma erano coinvolti anche altri stati in un
complicato miscuglio di alleanze che cambiavano spesso. Francia, Gran
Bretagna, Spagna e Portogallo si contendevano anche il possesso delle loro
colonie e per questo motivo, la guerra dei sette anni è considerata, da
alcuni storici, anche la prima guerra a livello mondiale.
Nei primi
anni la Prussia riuscì abbastanza bene a far fronte ai suoi nemici, ma più
la guerra andava avanti, più critica divenne la posizione della Prussia, per
la quale la guerra si trasformò sempre di più in una lotta estenuante per la
sopravivenza. Ma Federico il Grande non si arrese mai, con una cocciuta
testardaggine cercò sempre di andare avanti e di cambiare la situazione che
divenne invece sempre più disperata. Quello che alla fine salvò la Prussia
fu una specie di miracolo: nel 1762, nel sesto anno della guerra, morì
Elisabetta, l'imperatrice della Russia, e il suo successore
Pietro III, che era invece un ammiratore
di Federico II, sciolse l'alleanza con l'Austria e concluse una pace
separata con la Prussia. Visto che ormai tutti gli stati coinvolti nella
guerra erano stanchi, nella pace definitiva conclusa nel
1763 la Prussia riuscì addirittura a
mantenere tutti i territori che aveva prima della guerra, compresa la
combattuta Slesia.
Per un pelo e
con una buona dose di fortuna la Prussia aveva evitato la propria fine. Ma
il fatto di aver tenuto testa senza mai arrendersi per sette anni a una coalizione dei
tre regni più importanti dell'Europa fece entrare la Prussia definitivamente
tra i grandi poteri dell'Europa.
Federico II si rendeva perfettamente
conto che cosa sarebbe potuto succedere con la sua Prussia e giurò, davanti
ai suoi collaboratori che nella sua vita non avrebbe mai più attaccato
nemmeno un gatto.
Ma alla Prussia mancava ancora il collegamento tra
i due territori della Prussia orientale e il Brandeburgo al centro. E nel
1772 Federico riuscì a conquistare questi territori senza neanche muovere un
soldato. Ci riuscì con una astuzia diplomatica che fu, bisogna dirlo, tra
le più vergognose mai adoperate nella politica europea. Trattando
segretamente con la Russia Federico Il si mise d'accordo con lo Zar di
spartirsi la Polonia tra di loro. Visto
che l'Austria avrebbe potuto protestare, Maria Teresa d'Austria fu invitata
a partecipare a questo banchetto. La sovrana austriaca esitò, conscia del
fatto che questa proposta era una inaudita ingiustizia nei confronti della
Polonia, ma alla fine accettò. Nel suo tipico modo un po' cinico Federico II
commentò: "All'inizio Maria Teresa pianse un po', ma alla fine volle anche
lei una sua parte".
La spartizione della Polonia del 1772 (allegoria), a sinistra
Caterina II, imperatrice della Russia, a destra
Giuseppe II, marito di Maria Teresa e Federico II della Prussia che decidono
chi prenderà quale fetta della Polonia, al centro il
disperato re della Polonia che ha paura di perdere la corona incisione di
Noël Lemire
La politica interna
Nella sua Prussia Federico II attuò
anche delle riforme legislative, soprattutto un nuovo codice civile e penale
che mirò a una razionalizzazione del regime feudale, a una
separazione tra Stato e Chiesa. Il suo motto era "Ognuno deve poter vivere a modo suo".
Questa separazione
tra stato e religione, oggi normale in
praticamente tutti gli stati europei, all'epoca incontrò anche delle
resistenze. Non tutti erano disposti a convivere nello stesso quartiere o
collaborare
nello stesso ufficio con dei "miscredenti". C'erano addirittura dei preti
che lasciarono la Prussia protestando per questa "eccessiva
tolleranza", per trasferirsi in un altro stato meno indulgente nei confronti
di altre confessioni religiose. Federico II considerò un tale comportamento un tradimento dello
stato e con gli anni la sua iniziale indifferenza nei confronti delle
religione divenne alla fine quasi disprezzo.
Ma Federico non era
solo un cinico militarista. Amava la musica, suonava il flauto traverso e lo
suonava piuttosto bene. Spesso organizzò dei piccoli concerti nel
castello di Sanssouci a Potsdam che aveva fatto costruire tra il 1745 e il
1747.
Federico II suona il flauto durante un concerto nel castello Sanssouci
Quadro di
Adolph von Menzel
Stimava moltissimo il filosofo francese
Voltaire e lo invitò a
Potsdam dove questi visse per 3 anni animando la corte prussiana con
dibattiti filosofici e politici.
Un dibattito nel castello Sanssouci tra Federico II, Voltaire e altri ospiti Quadro di
Adolph von Menzel
La Prussia e la rivoluzione francese:
Sotto i due successori
di Federico il Grande, Federico Guglielmo II e
Federico Guglielmo III la
città di Berlino cambiò: furono costruiti la Porta di Brandeburgo e molti
altri monumenti che oggi determinano l'aspetto della città.
Due incisioni della Porta di Brandeburgo, in alto: nel 1735, in basso: nel 1830
Accanto a Weimar, la città di Goethe e Schiller, Berlino divenne un nuovo centro
culturale della Germania, soprattutto per la nuova generazione dei poeti
romantici.
a sinistra: Federico Guglielmo II (quadro di
Anton Graff), a destra:
Federico Guglielmo III con la moglie Luisa (quadro di Friedrich Georg Weitsch)
A livello politico questi due re dovettero affrontare un nemico del tutto nuovo:
la rivoluzione
francese. Questa rivoluzione spaventò parecchio le vecchie
monarchie europee, in particolare dopo la decapitazione del re di Francia
Luigi XVI, e fece avvicinare tra di loro anche la Prussia e l'Austria che
prima si erano fatte una guerra dopo l'altra.
La guerra tra le
vecchie monarchie europee e la Francia rivoluzionaria iniziò nel
1792 e durò
vent'anni, ma la Prussia si ritirò dalla coalizione delle monarchie dopo
solo tre anni, nel 1795, ottenendo dalla Francia, contenta di avere un
avversario in meno, delle condizioni molto favorevoli, estendendo la sua
influenza a tutta la parte nord-ovest della Germania.
Più che a una
continuazione della guerra contro la Francia Federico Guglielmo II era
interessato a una ulteriore spartizione della Polonia. Per due volte, nel
1793 e nel 1795 la Prussia e la Russia si assegnarono tutte le parti della
Polonia che erano ancora rimaste polacche dopo la prima spartizione sotto
Federico II, lasciando di nuovo una piccola parte all'Austria. La Prussia
ottenne così dei vasti territori nuovi, compresa Varsavia e divenne
uno stato con una popolazione a metà tedesca e a metà polacca.
Mentre la guerra delle vecchie monarchie contro la Francia continuò, la
Prussia rimase neutrale per nove anni. Ma nel 1805 la situazione
precipitò: Francia, Austria e Russia vollero a tutti i costi che la Prussia
abbandonasse la neutralità entrando di nuovo nella guerra contro la Francia
e alla fine Federico Guglielmo III cedette, anche se controvoglia. Fu un
disastro, perché in due battaglie contro l'esercito di Napoleone quello
prussiano fu sconfitto due volte rovinosamente, il re prussiano dovette
fuggire nella Prussia orientale e Napoleone fece una trionfale entrata a
Berlino.
Già una volta, nel 1762, alla fine della guerra di
sette anni, l'esistenza della Prussia era appesa a un filo e si salvò per un
pelo. Ora, nel 1806, la storia si ripeté: in un primo momento Napoleone,
furioso per la rottura della neutralità prussiana, prese in considerazione
la completa cancellazione dello stato della Prussia, ma poi si accontentò
del suo dimezzamento territoriale e del pagamento di ingenti somme come
riparazione dei danni della guerra.
E ancora, nell'estate del 1813,
dopo una rinnovata edizione dell'alleanza contro Napoleone e dopo altre
battaglie perse la Prussia stava di nuovo sull'orlo dell'abisso. Solo la
famosa battaglia delle nazioni vicino a
Lipsia nell'ottobre del
1813 che durò 4 giorni e
coinvolse 560.000 soldati, con circa 100.000 morti e feriti,
portò la svolta definitiva per la coalizione monarchica e quindi anche per
la Prussia.
Il fatto che, in quegli anni la Prussia si vide
due volte molto vicina alla fine, senza che nessuno tra le altre monarchie
dimostrasse tanto interesse per impedirlo, fa capire che questo stato, per le
altre nazioni dell'Europa, non era indispensabile, in caso di necessità
bastava smontarlo e distribuire i pezzi come si era fatto con la Polonia: l'est poteva essere diviso facilmente tra
Austria, Polonia e Russia, il Brandeburgo poteva essere annesso alla
Sassonia, e i territori all'ovest aspettavano solo di diventare di nuovo
autonomi. La Prussia, nel settecento protagonista dell'Europa, adesso,
all'inizio dell'800, era diventato un attore secondario, un pedone mosso da
altri.
Le riforme prussiane:
Ma negli anni della guerra, all'interno della Prussia,
successero delle cose importanti. Anche se pochi condividevano gli eccessi
della rivoluzione francese, le novità che portò a livello sociale e
amministrativo erano viste da molti come nuovo modello da seguire.
All'interno del governo della Prussia nacque un "partito delle riforme" e i
due protagonisti di questo partito Karl Freiherr vom Stein e
Karl August von
Hardenberg introdussero una riforma dopo l'altra:
la liberazione dei contadini dai legami feudali,
l'autonomia amministrativa dei comuni,
l'apertura del corpo degli ufficiali per i borghesi e non solo per gli aristocratici,
l'emancipazione degli ebrei,
la libertà di aprire e gestire negozi e manifatture,
l'abolizione delle punizioni corporali nell'esercito
Quindi quasi tutto il programma sociale
della rivoluzione francese, ma senza nessun cambiamento a livello politico,
una specie di rivoluzione guidata dall'alto, senza intaccare la monarchia.
Il problema era però che, a causa della guerra e anche per le
accanite resistenze dell'aristocrazia prussiana solo poche cose di questo
programma ambizioso poterono veramente essere realizzate. E quando la guerra finì,
finirono anche le riforme. Ma era stata piantato un seme che nei decenni
seguenti sarebbe cresciuto.
Il Congresso di Vienna e il periodo della restaurazione:
Il congresso di Vienna nel 1815 che riunì i
rappresentanti di tutti gli stati europei doveva ristabilire l'ordine
monarchico in Europa. Sulle rovine del Sacro Romano Impero, morto sotto i
colpi dell'esercito di Napoleone, fu creata la Confederazione Germanica
di 35 stati e 4 città libere con un parlamento a Francoforte, sotto la
presidenza dell'Austria. Per creare un forte baluardo contro la Francia
anche la Prussia fu ricostituita com'era prima dell'invasione napoleonica.
I capi di stato durante il Congresso di Vienna (1815) Incisione di
Jean-Baptiste Isabey
Tutto doveva essere come prima, ma in realtà molte cose
erano cambiate. Fino alla fine del '700 non esisteva nessuna consapevolezza
nazionale nelle popolazioni dei vari stati tedeschi. Ci si sentiva sassone,
bavarese, svevo, frisone o austriaco, ma raramente "tedesco".
L'idea
di una Germania unita nacque per la prima volta proprio nella lotta comune
contro Napoleone. Ma questa idea, all'epoca ancora un sogno, era quasi
sempre accompagnata da richieste come una costituzione democratica con un
parlamento liberamente eletto, la libertà di stampa e altre richieste
democratiche che erano però inaccettabili per i governanti dell'epoca, che erano
tutt'altro che democratici.
La Prussia della prima metà del '800 era
molto cambiata: nel '700 era moderna, aperta a tutte le novità politiche ed
economiche,
bellicosa verso l'esterno, ma tollerante nei confronti delle confessioni
religiose e le nazionalità dei suoi cittadini. Quella dell'800
fu conservatrice, antidemocratica, cristiana, pacifica verso l'esterno, ma
estremamente repressiva contro tutte le opposizioni interne.
Nei
primi decenni dell'800 si diffuse anche in Prussia la rivoluzione industriale
iniziata in Inghilterra e favorita da una cresente innovazione tecnologica.
Creò un forte sviluppo economico ed ebbe degli sviluppi importanti a livello
sociale e politico.
1830: una delle prime fabbriche in Prussia per produrre attrezzi agricoli,
a Wetter (Vestfalia) Quadro di
Alfred Rethel
Con la nascita di numerose nuove fabbriche e con la meccanizzazione
del lavoro nacquero anche dei gravi problemi sociali, molti artigiani non
riuscirono più a reggere la concorrenza delle macchine e rimasero
disoccupati. La situazione era particolarmente grave in Slesia dove gran
parte dei tessitori erano ridotti alla fame. Alle loro ribellioni, delle
volte anche violente, le autorità prussiane non seppero
rispondere, se non con la polizia o anche con l'esercito.
"La miseria in Slesia" (una vigneta del 1848), in alto:
"Fame e disperazione", in basso: "La
risposta ufficiale" Autore sconosciuto
Questo cosiddetto "periodo della
restaurazione" durò
fino al 1848 quando le rivolte democratiche in tutta l'Europa rovesciarono
il labile equilibrio politico creato nel 1815.
La Prussia e la rivoluzione del 1848:
Queste rivolte
coinvolsero tutta la Germania. Le richieste erano sempre: unità della
Germania, libertà di stampa e parlamenti democraticamente eletti.
Dappertutto i regnanti risposero con la polizia e quando le proteste
diventarono più forti e pressanti anche con l'esercito che non esitò a
sparare. I momenti più drammatici si verificarono proprio nella Prussia, cioè a
Berlino: nel marzo del 1848
scoppiò una rivolta che durò parecchi giorni e che lasciò sull’asfalto
centinaia di morti.
Marzo 1848, Berlino Alexanderplatz: l'esercito prussiano (in basso a
destra) spara contro una barricata erretta dai rivoluzionari. L'odierna
bandiera tedesca (nero, rosso, giallo) all'epoca fu usata dai rivoluzionari. Litografia dell'epoca (autore sconosciuto)
Nello stesso tempo a Francoforte si
riunì un parlamento formato da rappresentanti di tutti gli stati tedeschi
per elaborare una costituzione democratica. Una delle discussioni più
spinose era fin dell'inizio: l'Austria doveva far parte di una Germania
unita o no?
Un dibattito nel parlamento di Francoforte riunito nel 1848 per elaborare una costituzione
democratica Quadro di Ludwig von Elliott
L'imperatore dell'Austria non volle neanche sentir parlare di
una Germania unita e così una delegazione di questi parlamentari si recò a
Berlino per offrire la corona di "Imperatore della Germania" a Federico
Guglielmo IV, re della Prussia. Ma questi rispose seccamente:
"Non mi metterò mai in testa una corona di merda".
Per lui la corona poteva essere conferita solo con la grazia di Dio e non
con quella del popolo. E con questo la rivoluzione era finita.
Bismarck è l'unità della Germania
Otto von Bismarck, in una foto del 1862 foto:
Bundesarchiv
A questo punto entrò in campo
Otto von Bismarck, un
uomo politico prussiano molto abile e senza troppi scrupoli, che in questi
anni divenne il consigliere più stretto del re di Prussia. Bismarck
aveva capito che la Germania poteva essere unita o "dal basso", cioè dal
popolo con tutti i rischi che questo comportava o "dall'alto", cioè
da qualcuno abbastanza forte da costringere gli altri stati ad aderire a uno
stato unitario. Per la verità, non era entusiasta dell'idea di una Germania
unita: era troppo prussiano per vedere la Prussia in uno stato insieme a 30
altri stati tedeschi. Ma la questione dell'unità divenne sempre
più urgente da risolvere, anche per liberare lo sviluppo economico,
ostacolato da troppi confini e dogane interni e troppe leggi diverse.
Il problema più importante da affrontare fu, come sempre, l'Austria. Da
risolvere, come sempre, con una guerra. Nel 1866 Bismarck provocò, per futili
motivi, una guerra
con l'Austria e inflisse agli Asburgo una schiacciante disfatta. La
Confederazione degli stati tedeschi, fondato nel 1815 e fino ad allora capeggiata dall'Austria fu
sciolta. Al suo posto venne costituita una Confederazione della Germania
settentrionale sotto l'influenza della Prussia. La Prussia incassò
altri territori al nord della Germania e raggiunse così la sua massima
estensione. Nel 1871, su 40 milioni abitanti della Germania 24 milioni vivevano
in Prussia.
La Prussia (1866-1918), durante la sua massima espansione carta:
Wikimedia Commons
Questa nuova Prussia era
talmente grande e potente che la Francia si sentì minacciata. C’era aria di
guerra, e la guerra arrivò.
Quattro anni dopo, nel 1870 scoppiò una
crisi diplomatica tra la Francia e la Prussia sulla successione al trono
della Spagna, una questione in cui era coinvolto anche un principe della
casata degli Hohenzollern. Adesso bastava un niente per far saltare la
situazione. Infatti, dopo movimentate e eccitate trattative la Francia si
sentì presa in giro e dichiarò guerra alla Prussia. Ma non aveva valutato
bene la situazione in Germania, perché i risentimenti nella popolazione nei
confronti della Francia risalenti ancora alle guerre contro Napoleone erano
tali da convincere anche gli stati della Germania meridionale ad aderire
alla guerra. Nel caso della Baviera, regnata da Ludwig II, Bismarck ottenne
la sua partecipazione corrompendolo con una cospicua somma di denaro di cui
Ludwig aveva bisogno per far costruire i suoi famosi castelli.
La guerra
alla quale adesso partecipò quasi tutta la Germania durò 6 mesi e finì con
la totale disfatta della Francia. Il 16 gennaio del 1871, nella galleria
degli specchi della reggia di Versailles, il re della Prussia fu proclamato
primo imperatore del nuovo Reich, col nome Guglielmo I.
1871: la proclamazione di Guglielmo I, già re di
Prussia, a Imperatore della Germania,
nella Galleria degli Specchi della Reggia di Versailles.
Quadro di
Anton von Werner
La nascita della Germania - la morte della Prussia
Considerando che in questo Reich l'imperatore era prussiano, il
cancelliere (Bismarck) pure, più della metà della sua popolazione viveva in
Prussia, la maggioranza dei ministri e dei deputati del parlamento nazionale
era eletta in Prussia, si potrebbe pensare che adesso la Prussia dominava
tutto. Infatti, all'estero dicevano: "La Prussia si è mangiata la Germania". Ma non
era così. Il primo ad averlo capito era proprio il re della Prussia che
prima di essere proclamato Imperatore della Germania non era affatto entusiasta di
diventarlo e voleva addirittura dimettersi prima. Quando Bismarck, proprio
il giorno prima dell'incoronazione, riuscì a convincerlo ad accettare la
corona, Guglielmo scoppiò in lacrime e disse: "Domani sarà il giorno più
infelice della mia vita, perché dovrò assistere al funerale della mia amata
Prussia."
Per convincere gli altri stati della Germania ad aderire al
Reich, Bismarck dovette concedere loro vaste autonomie. E con gli anni
l'influenza degli altri stati tedeschi aumentò sempre di più, specialmente dopo le
dimissioni di Bismarck nel 1890. La Prussia, pur rimanendo la parte
geograficamente più
grande della Germania, divenne sempre di più uno stato tra gli altri. Ora i
cancellieri del Reich provenivano anche da altre regioni. Nel
1918, alla
fine della prima guerra mondiale, era finita anche la monarchia degli
Hohenzollern.
Nella breve vita della prima repubblica tedesca, la
Repubblica di Weimar, la Prussia visse, per l'ultima volta un piccolo
periodo di fioritura. Mentre nei 14 anni di questa infortunata Repubblica il suo
cancelliere cambiò ben 13 volte, la Prussia rimase un'isola di stabilità,
con sempre lo stesso presidente, il socialdemocratico Otto Braun
(chiamato anche "ultimo re della Prussia") e rimase anche l'ultimo baluardo contro avanzata
del partito di Hitler, fino al 1932 quando il governo della Prussia fu
cacciato via e sostituito da un commissario dell'estrema destra. Questa fu
la fine dello stato della Prussia.
Otto Braun, presidente della Prussia durante la Repubblica di Weimar
Foto: Bundesarchiv
Quando gli alleati nel
1947, alla
fine della seconda guerra mondiale, dichiararono ufficialmente sciolto lo stato di
Prussia, la Prussia, in realtà era morta già da 15 anni.
Cos'è rimasto, oggi, della Prussia?
A livello politico praticamente niente. Esiste un ente pubblico che si chiama
Stiftung preußischer Kulturbesitz (Fondazione tesori culturali
della Prussia) che amministra il lascito culturale degli Hohenzollern, i
castelli, parchi e molti degli edifici storici che erano di proprietà del
defunto stato e che sono sopravvissuti alla seconda guerra mondiale.
Poi
c'è anche il Borussia Dortmund.
"Borussia" è la forma neolatina di "Prussia", ma probabilmente
nemmeno i fan più accaniti di questa celebre squadra di calcio lo sanno...
Forse la
cosa più importante che rimane oggi della Prussia è un
mito. Ma quando un personaggio del
passato - oppure, come in questo caso, uno stato - diventa un mito, questo
significa sempre una semplificazione, una riduzione di un fenomeno complesso
a uno più ad uso e costumi dell'opinione pubblica - o peggio - di una
corrente politica. Molti storici del passato hanno raccontato la storia
della Prussia come un processo che dall'inizio aveva un preciso senso, che
mirava alla
fine alla costituzione della "Grande Germania" nata nel 1871, glorificandola
così come un risultato inevitabile e della storia, come uno stato compiuto e
perfetto. Hitler ha cercato di mettersi nella tradizione di Federico II
presentandosi come una specie di esecutore del suo testamento. E ancora
oggi, tra storici, giornalisti e anche da certi uomini politici, si discute
se la Prussia sia stata più uno stato reazionario e militarista o uno stato
moderno e aperto alle novità economiche e politiche.
La Prussia è stata
invece tutto questo, uno stato con molte facce positive e negative. Nella sua breve esistenza assomiglia
un po' a una cometa che appare all'improvviso nel cielo dell'Europa, diventa molto luminosa e sparisce presto, lasciando poche tracce.
E ci sono anche certi
riferimenti semi-serie al passato, come in questo caso:
Nel 2012, un redattore del quotidiano tedesco "BILD" (a destra) regala a
Mario Draghi, all'epoca presidente della Banca Centrale Europea (a sinistra), un
elemetto prussiano, con l'augurio che Draghi governi la BCE con lo stesso rigore
con cui Federico II aveva governato la Prussia. Foto:
Bildzeitung
Ludwig II - re di Baviera
Ritratto del più eccentrico re della Baviera,
noto soprattutto per la costruzione dei suoi castelli. Testo integrale di una
conferenza.
Otto von Bismarck
L'uomo politico che fece della Prussia il nucleo e il motore della nascente Germania.