Articolo a cura di Eleonora Massa.
Brecht in Danimarca:
Quando Brecht è costretto di lasciare la Germania all’indomani dell’incendio
del Reichstag (27 febbraio 1933), i nazisti hanno ormai tolto le sue opere
teatrali dai cartelloni.
In Danimarca, in una casa contadina della provincia di Svendborg, circondato
da una natura brulla e fredda, in un clima proficuo di solitudine e
meditazione, Brecht riprende in mano innanzitutto una cosa: le sue poesie. All’anno successivo, il 1934, risale la
pubblicazione della raccolta Canzoni, poesie, cori (Lieder, Gedichte,
Chöre), tappa fondamentale del suo excursus poetico; al 1939, ancora, quella
delle Poesie di Svendborg (Svendborger Gedichte), il punto più alto della
lirica brechtiana.
L’impegno antifascista di Brecht:
Le due raccolte sono l’emblema dell’impegno
antifascista di Brecht: l’attacco al sistema consiste nel
guardare e nell’inquadrare le cose dal basso, deformandole,
stravolgendole, finendo col metterle in ridicolo e, ciò facendo, svelandone
lucidamente le mostruosità.
Così, agli slogan di propaganda del regime si oppongono le
Ninne-Nanne
(Wiegenlieder) di
Canzoni, poesie, cori, in cui
l’offensiva contro il Terzo Reich è consegnata ai ritmi della ballata
popolare:
L’imbianchino* parla di grandi tempi a
venire (Der Anstreicher spricht von kommenden großen Zeiten)
Le
foreste crescono ancora.
I campi sono fertili ancora.
Le città ci sono
ancora.
Gli uomini respirano ancora.
*
Con "l'imbianchino" Brecht si riferisce a
Hitler
Sul muro c’era scritto col gesso (Auf der Mauer stand mit Kreide):
Vogliono la guerra.
Chi l’ha scritto
è già caduto.
In
Sulla denominazione emigrante (Über die Bezeichnung Emigranten)
Brecht riflette sul proprio stato di "emigrante":
Sempre mi è parso erroneo il nome che ci hanno dato:
emigranti.
Questo significa: espatriati. Ma noi
non siamo espatriati volontariamente
altro paese scegliendo. E nemmeno siamo espatriati
in un paese, per restarvi, possibilmente per sempre.
Siamo fuggiti, invece. Espulsi noi siamo, banditi.
E non casa, ma esilio dev’essere il paese che ci ha accolti.
Cosí, inquieti, prendiamo stanza, se possibile presso ai confini,
aspettando il giorno del ritorno, qualsiasi minimo cambiamento
oltre il confine spiando, ogni nuovo venuto
febbrilmente interrogando, nulla dimenticando e a nulla rinunciando
e neanche perdonando nulla di quel che è successo,
nulla perdonando.
Ah, il silenzio del Sund* non ci inganna! Noi udiamo le grida,
fin qui, dai loro campi di concentramento. Noi stessi siamo
quasi come voci dei misfatti, che varchino
i confini.
Ognuno di noi
che va attraverso la folla con le sue scarpe consunte
testimonia della vergogna che ora macchia il nostro paese.
Ma nessuno di noi
rimarrà qui.
L’ultima parola
non è stata detta ancora.
*
Il "Sund" è il braccio di mare tra la Danimarca e la
Svezia.
Frontespizio originale delle "Poesie di Svendborg",
una delle raccolte di poesie più importanti di Brecht.
foto:
Karel Schulz
Il testamento di Brecht:
La lapide di Bertolt Brecht nel cimitero di Dorotheenstadt
foto:
Eleonora Massa
È a un'altra poesia, che Bertolt Brecht
infine affida il suo testamento spirituale:
Non mi serve una lapide (Ich benötige keinen
Grabstein):
Non mi serve una lapide, ma
se a voi ne serve una per me
vorrei che sopra stesse scritto:
Ha fatto delle proposte. Noi
le abbiamo accolte.
Una simile scritta farebbe
onore a tutti.
Verrà sepolto presso il Dorotheenfriedhof che scorgeva dalle finestre della
sua abitazione, lungo la Chaussestraße, a pochi passi dal
Theater am
Schiffbauerdamm: quel teatro che lo aveva fatto conoscere al grande
pubblico e che sarebbe diventato il palcoscenico stabile della Berliner
Ensemble. Là dove tutto era cominciato e, allo stesso modo, sarebbe finito.
È stato sepolto senza cerimonie, come da lui richiesto.
Sopra la sua lapide c’è scritto solo:
Bertolt Brecht
testo:
Eleonora Massa
Sulle poesie di Brecht vedi anche:
Altre pagine su Berolt Brecht:
"L'Opera da tre soldi"
Sull'opera più conosciuta di Brecht - in tedesco "Dreigroschenoper" - con cui, nel 1929, è diventato famoso.
Vedi anche:
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