Articolo di Daniele Brina
Il museo ebraico di Berlino - una stella di David spezzata:
Impossibile non notarlo. Nel cuore del distretto di Kreuzberg, lungo la
Lindenstraße, sorge il Jüdisches Museum, il museo ebraico. È unico sia
architettonicamente, sia come contenuti. È ospitato nello spettacolare
edificio disegnato e progettato da Daniel Libeskind. La struttura evoca
metaforicamente l’angosciata storia del popolo ebraico dall’epoca romana ai
giorni nostri. La costruzione assume la forma di una stella di David
scalfita, spezzata. Gli angoli sono acuti e le finestre come piccole
feritoie penetrano la facciata. Tutto rimanda a ferite, ad un passato
travagliato. L’impatto con l’esterno è dunque già un museo con una sua
storia e un suo significato. Libeskind denomina la sua opera “tra le linee”,
quelle che hanno segnato il vissuto ebraico-tedesco: la linea dritta
spezzata in segmenti si unisce a quella spigolosa.
Per Libeskind infatti l’architettura è un linguaggio che viene concretizzato
attraverso le strutture. Disegno, forma, stile, interni ed esterni
rispecchiano un programma filosofico. Il progetto del Jüdisches Museum è
stato ultimato nel 1999, ma l’inaugurazione ufficiale è del 2001.
Il "Giardino dell'Esilio" con 49 colonne di cemento
leggermente inclinate
foto:
Andi Oisn
All'interno del museo:
All’interno, il cui accesso avviene dal vecchio edificio della Corte
d’appello prussiana, ci si imbatte in una ripida scala che conduce a tre
corridoi, o meglio, assi. Ciascun asse rappresenta un tema. C’è l’asse
dell’Esilio il cui fulcro è un’area composta da 49 colonne di cemento che
disorientano volutamente il visitatore. L’esilio è infatti lo sradicamento
continuo di certezze, luoghi e non solo. 48 rappresentano il 1948, anno di
nascita dello stato di Israele, mentre la 49esima è Berlino. Sulla sommità
delle colonne piantine d’ulivo sorgono come richiamo alla speranza e alla
pace. L’asse dell’Olocausto conduce verso una torre vuota e lo spazio
diventa alquanto claustrofobico generando sofferenza e inquietudine. Non
sono presenti finestre, ma feritoie dov’è praticamente impossibile una
visuale sull’esterno. La luce che filtra è davvero poca. La dimensione è
molto suggestiva. Anche i suoni sembrano plasmarsi all’atmosfera,
smorzandosi e attutendosi come in un incessante richiamo al dolore. Il tutto
fa pensare di trovarsi in una gigantesca tomba o in una prigione simile a
quella di un campo di concentramento, per non pensare addirittura ad una
camera crematoria. Il messaggio sta nella perdita di vita, cultura e
umanità.
Infine il percorso prosegue lungo l’asse della Continuità che
rappresenta il presente e il futuro; grazie ad una scala che consente di
raggiungere i livelli superiori ha inizio la mostra vera e propria oltre
alla simbolica rinascita del popolo ebraico dopo il secondo conflitto
mondiale. Una strada in salita, ma in ogni caso densa di fiducia e buone
aspettative.
La mostra permanente del museo
foto:
Adam Carr
La mostra permanente raccoglie una moltitudine di oggetti tra cui fotografie
e libri con l’obiettivo di far rivivere vicissitudini e ricordi di un
popolo. Gli aspetti salienti della vita ebraica vengono colti nelle mille
sfaccettature presenti in una cultura complessa. Oltre ai documenti
sopraccitati si aggiungono manufatti che facevano parte della vita
quotidiana degli ebrei tedeschi, lettere, schermi interattivi, video, arte.
Strette e lunghe gallerie che curvano bruscamente tra continui zig zag
trasmettono come sempre perdita e smarrimento; intorno ad esse prendono
forma spazi vuoti come consapevole riflessione di ciò che rimane dalla
distruzione della vita ebraica. Il vuoto tenta, suo malgrado, di spiegare
l’impossibilità di colmare decenni di dolore e sofferenze.
Esistono tredici sezioni, una tra le quali dedicate al filosofo Moses
Mendelssohn, illuminista e progressista. Naturalmente l’antisemitismo è una
costante che culmina, com’è inevitabile che sia, con le persecuzioni
naziste.
"Le foglie cadute" di Menashe Kadishmar:
Le installazioni d’arte arricchiscono il museo. La più toccante è forse
quella dell’israeliano Menashe Kadishmar che prende il titolo di Shalechet,
Foglie cadute. Sono cerchi di ferro arrugginito lavorate a forma di facce.
Ce ne sono più di diecimila e, gettate a terra alla rinfusa, simulano un
enorme fiume di grida silenziose. Il silenzio viene proprio interrotto dai
visitatori che camminando sopra questa distesa di facce dalla bocca urlante
producono un suono metallico, cupo, freddo.
L'Accademia del museo ebraico:
Esiste anche un’accademia, l’Akademie des Jüdischen Museums collocata sul
lato opposto della strada rispetto al museo. All’interno si trovano una
biblioteca, archivi, un centro di ricerca e altre collezioni. L’idea della
sua architettura è ancora una volta di Libeskind.
Notizie utili per chi vuole visitare il museo ebraico:
- Indirizzo:
Jüdisches Museum Berlin
Lindenstraße 9-14,
D-10969 Berlin
- Orari di apertura:
lunedì: dalle 10 alle 22
martedì - domenica: dalle 10 alle 20
nessun giorno di chiusura, il museo è aperto 365 giorni all'anno
- Informationi importanti:
all'entrata del museo ci sono
dei controlli di sicurezza
all'interno del museo si può fotografare e filmare, ma solo senza flash e
solo per uso privato
- Per tutte le altre informazioni:
www.jmberlin.de
Alloggi a Berlino, voli e autonoleggio low cost:
Prenotare visite, tour e attività:
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