Leni Riefenstahl nacque a Berlino il
22 agosto 1902. Iniziò la carriera di
ballerina, ma fu costretta ad abbandonarla per una lesione al menisco.
Diventò allora attrice: il suo primo film fu "La montagna dell'amore" 1926;
dopodiché passò alla regia e nel 1932 girò il suo primo film "Das blaue
Licht" (Titolo italiano: "La bella maledetta"), un film che risente degli
influssi dell'espressionismo tedesco.
La Germania nel 1933:
Nel 1933, quando Hitler, dopo elezioni
democratiche, diventò cancelliere, solo pochi avevano la lucidità di prevedere che cosa sarebbe
successo negli anni successivi. Erano anni in cui, in Germania, regnavano
caos e insicurezza. Anche i più pessimisti non arrivavano a prevedere che
solo 6 anni dopo Hitler avrebbe scatenato la seconda guerra mondiale con 50
milioni di morti, una cifra spaventosa e inimmaginabile. Persino molti dei
suoi avversari credevano che Hitler non sarebbe rimasto al potere a lungo o
pensavano che non avrebbe mai potuto realizzare ciò che aveva scritto molto
chiaramente nel suo libro "Mein Kampf" (La mia battaglia).
Pochi capivano che
sulla Germania stava calando il sipario di una dittatura feroce che si sarebbe rialzato solo 12 anni
dopo, dopo la pressoché totale distruzione della Germania durante la seconda
guerra mondiale e dopo gli orrendi
crimini dell'Olocausto di cui si macchiavano i nazisti. Di questi pochi solo una piccola parte aveva la possibilità di emigrare, di lasciare casa, lavoro e magari anche
amici e parenti, per un futuro assolutamente incerto in un paese straniero di
cui forse non sapeva neanche la lingua.
Molti di quelli che rimasero in Germania
non si occupavano di politica, forse erano preoccupati per il clima rovente
e inquietante che dominava la vita pubblica, ma in fondo erano interessati solo a
conquistare o mantenere un piccolo angolo di sicurezza e benessere, così
raro nella Germania di allora.
Hitler, Brüning o un altro politico, che
differenza faceva? Per molti era più importante avere lavoro e pane - non
affatto facile in un paese con sei milioni di disoccupati.
Leni Riefenstahl era una giovane, bella e
ambiziosa attrice e regista che, nel 1933, aveva già ottenuto alcuni
successi e che puntava più in alto. Di non capiva
molto. Hitler la affascinava, non tanto per le sue idee politiche, ma per la
forza di volontà che sembrava emanare e anche per il carattere teatrale e
monumentale delle sue manifestazioni che spesso sembravano, soprattutto dopo
la presa del potere, dei giganteschi spettacoli surreali.
A Hitler piacevano i film della Riefenstahl, pieni di misticismo, eroismo e
culto di bellezza. Il cinema era ancora un arte relativamente giovane e la
Riefenstahl era brava, riusciva a creare delle immagini mai viste prima.
Hitler capiva che il cinema, le immagini potevano essere molto importanti
per la sua propaganda, capiva che la suggestione che Riefenstahl sapeva
evocare poteva essere utile per entusiasmare non solo i tedeschi, ma anche
chi frequentava i cinema in Francia, Inghilterra e in altri paesi.
Hitler rappresentava la grande chance per la Riefenstahl
e quando, nel 1933, le offrì di girare dei documentari sui grandi raduni del partito nazista a Norimberga
Leni Riefenstahl non
esitò: il risultato una trilogia fortemente propagandistico: il primo, sul
raduno del 1933 fu "Der Sieg des Glaubens"
(La vittoria della fede), nel 1934 seguì "Triumph des Willens"
(Trionfo della volontà - vedi la locandina sotto), il più famoso film della
trilogia. Un film che oggi, sapendo
a cosa avrebbe portato questa "volontà" e questa "fede", fa veramente venire i brividi. In
realtà questi film non volevano informare, bensì parlavano direttamente alle
emozioni. Le sue
immagini monumentali e impressionanti che glorificano il partito nazista
lasciano senza parole e suscitano quasi spavento per l'ingenuità con cui la
Riefenstahl disse - dopo la disfatta del nazismo - che questo non era un
film politico. Un terzo film propagandistico, la
girò nel 1935 con il titolo "Tag der Freiheit -
Unsere Wehrmacht" (Il giorno della libertà - Le nostre forze
armate), che mostra orgogliosamente la riguadagnata forza militare della
Germania. Anche questo è un film che, nonostante la maestosità delle
immagini, è inquietante, considerando il seguito.
Hitler si congratula con la Riefenstahl dopo la prima del suo film "Triumph
des Willens" (1934)
foto:
Deutsches Bundesarchiv
In origine Leni Riefenstahl non era nazista, per lei il nazismo era sì grandioso, ma lo
vedeva piuttosto come un fenomeno estetico. Il film che girò sui
giochi
olimpici del 1936 a Berlino è indubbiamente un capolavoro del cinema
(premiato all'epoca a Venezia e anche a Parigi), dove il culto della
bellezza del corpo umano raggiunge un livello quasi mistico e che doveva
dimostrare la superiorità della razza ariana.
Il film piaceva moltissimo
a Hitler, anche se
per lui aveva un piccolo neo: al suo ostinato razzismo dava fastidio che l'eroe
indiscusso di queste Olimpiadi fosse Jesse Owens, un'atleta afroamericano
che vinse quattro medaglie d'oro e che questo Jesse Owens, inevitabilmente,
avesse anche un ruolo importante nel film. Per la Riefenstahl contava invece solo
il fatto che Jesse Owens aveva un bel corpo atletico degno di essere messo
nella giusta luce.
Sopra le locandine dei due film più famosi di Leni Riefenstahl, prodotti su
esplicito incarico di Adolf Hitler:
Triumpf des Willens (Trionfo della
volontà) il film sul grande raduno del partito nazista a Norimberga, nel
1934 e
Olympia (1936) che consiste di due parti:
Das Fest der Völker (La festa dei popoli)
e Das Fest der Schönheit (La festa
della bellezza).
Erich Kuby,
giornalista e storico del Terzo Reich, considera, nel suo libro "Il
tradimento tedesco", questi due film: "la
quintessenza, in campo estetico, del nazionalsocialismo" e "una
delle più raffinate menzogne sul nazionalsocialismo."
Filmare il nazismo l'aveva portata al successo, era diventata una star,
conosciuta anche a livello internazionale. È difficile credere che non
sapesse e non capisse proprio niente di quello che stava succedendo nella
Germania dell'epoca. Il fatto che molti attori, registi e sceneggiatori, uno
dopo l'altro, sparivano dalla scena - o perché erano ebrei o perché fuggiti
all'estero o perché rifugiati nella cosìddetta "emigrazione interna" - non
poteva sfuggirle. Chi voleva sapere riusciva a procurarsi le informazioni.
Ma non si vede ciò che non si vuole vedere.
Il successo è una pillola avvelenata, riesce a
catturare anche persone
meno ingenue di Leni Riefenstahl. Fatto sta che la fine della guerra fu
anche la fine di tutte le illusioni e di tutti gli autoinganni, anche di
quelli della Riefenstahl. Ma non si trattava solo di illusioni e autoinganni
a livello personale - la Riefenstahl era uno dei fiori all'occhiello della
cultura nazista che, del resto, era caratterizzata da una piatta e banale
monumentalità (vedi anche
l'architettura di Albert Speer). Lei era una specie di rappresentante della Germania
all'estero, doveva dimostrare che non tutti gli uomini e donne della cultura
tedesca erano emigrati all'estero.
Leni Riefenstahl in Polonia (1940) durante le riprese per il suo documentario sul "Blitzkrieg"
(guerra lampo) con cui le forze armate tedesche invasero - e distrussero - la Polonia.
foto:
Oswald Burmeister / Deutsches Bundesarchiv
Dopo la guerra:
Sapere di essere ritenuta rappresentante di un regime di cui, alla fine della guerra,
vennero alla luce tutte le atrocità, non è piacevole. Cadere dalle stelle
dell'ammirazione alle stalle del disprezzo è duro. Dopo la guerra Leni
Riefenstahl fu praticamente emarginata, un fatto non del tutto chiaro in un
paese in cui molti rappresentanti della politica e della cultura nazista
dopo poco tempo riemersero come se non fosse successo niente. Molti
scoprirono all'improvviso di essere sempre stati contro Hitler, uno
spettacolo non sempre piacevole, tristemente conosciuto anche in Italia.
Probabilmente c'era bisogno di un capro espiatorio,
forse la conosciutissima regista doveva servire ad assumersi le colpe che
(molti) altri non erano disposti ad ammettere. Ma rimane una domanda: perché
proprio Leni Riefenstahl che sicuramente era meno nazista convinta di molti
altri che ritornavano a galla nella Germania del dopoguerra? Il motivo è
probabilmente che il cinema ha il potere delle immagini, un potere che né la
musica, né la letteratura, la pittura o la scultura e forse nemmeno i
politici possono esercitare. Il linguaggio delle potenti e affascinanti
immagini di Leni Riefenstahl si capiva anche lì dove non si capiva la lingua
tedesca. I suoi film, nel dopoguerra, facevano paura perché rievocavano il
losco fascino del nazismo del quale troppi erano rimasti vittima. E il motto
del dopoguerra era: dimenticare a tutti i costi.
Negli ultimi anni della sua vita la
Riefenstahl è stata ancora di una
vivacità e di una lucidità mentale invidiabile. In occasione del suo 100°
compleanno ha concesso decine di interviste a giornali e riviste di
tutto il mondo, aveva appena finito il suo ultimo film (un film sulla
bellezza del mondo subacqueo). Ed è chiaro che in tutte le interviste si
parlava anche dei 12 anni in cui era la "regista dei nazisti". E le risposte
alle domande dei giornalisti erano inevitabilmente: "Non potevo sapere" - "Non si poteva fare niente" -
"C'era anche del positivo" - "Abbiamo fatto anche della resistenza, in un
certo modo" - "Anche le altre nazioni hanno..." - "Perché non si smette di
parlare di quell'epoca?". Insomma, tutte risposte sentite migliaia di volte
prima: un intreccio di rimozione, ingenuità vera e finta, sensi di colpa,
insensibilità e spesso anche furbizia.
Oggi abbiamo una certa distanza con gli
avvenimenti degli anni del nazismo e comprendiamo meglio l'ambiguità di
personaggi come la Riefenstahl. È certamente un mito del cinema, ma a un
mito non corrisponde necessariamente un grande uomo o una grande donna. Le
domande a cui bisogna trovare una risposta sono: È possibile fare una separazione tra bravura professionale e opportunismo spregevole? Il non
sapere e l'ingenuità liberano dalla responsabilità?
Un caso simile:
Albert Speer
Albert Speer fu l’architetto di Adolf Hitle e, dal 1942, ministro agli
armamenti e alla produzione bellica.