Alcune copertine del libro e locandine del film "Siddhartha"
Hermann Hesse sul suo romanzo "Siddharta":
"Quando qualcuno cerca, allora accade facilmente che il suo occhio perda la
capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli
non riesca a trovar nulla, non possa assorbire nulla, in sé, perché pensa
sempre unicamente a ciò che cerca, perché è posseduto
dal suo scopo."
La trama del romanzo:
Siddharta è un giovane indiano, inquieto e insoddisfatto della sua
esistenza. Assieme a Govinda, amico di una vita, egli decide di abbandonare
la casa paterna e di andare a vivere con i Samana, degli asceti che vivono
con il minimo indispensabile e perseguono l’identificazione e l’empatia con
le cose del mondo. I due trascorrono tre anni con i Samana, tra meditazione
e privazioni fisiche estreme (il digiuno, il rifiuto dei vestiti), ma non
raggiungono la rivelazione spirituale tanto attesa. Siddharta e Govinda
decidono quindi di raggiungere la setta del Buddha Gotama, detto
l’Illuminato, per giovarsi del suo esempio e dei suoi insegnamenti.
Tuttavia, una volta arrivati al cospetto del maestro, Govinda decide di
restare presso di lui, mentre Siddharta, non ancora soddisfatto del
traguardo raggiunto, prosegue il suo cammino. Ciò a cui il protagonista mira
è guadagnarsi la saggezza autonomamente, senza adeguarsi in maniera passiva
agli insegnamenti, pur validi, di qualcun altro.
Dopo aver conosciuto un barcaiolo che lo aiuta a superare un fiume e gli
predice che si incontreranno nuovamente, Siddharta giunge in città, dove
conosce la bellissima cortigiana Kamala. Nonostante il giovane abbia sinora
disprezzato le lusinghe materiali del corpo, egli cede ben presto al fascino
di Kamala, che vuol fare di lui un uomo ricco e di successo. Per tale
motivo, indirizza Siddharta dal mercante Kamaswami. L’atteggiamento pacato e
sereno di Siddharta bilancia il burbero carattere del socio in affari,
cosicché il protagonista, nel giro di pochi anni, trova il successo sia nel
lavoro che nella sfera amorosa. Tuttavia, l’insoddisfazione latente non è
sopita: Siddharta percepisce che la sua vita materiale non può mettere a
tacere la ricerca assillante di una verità spirituale. Il tormento è tale
che Siddharta pensa addirittura ad annegarsi nel fiume. Quando incontra
l’amico Govinda, ormai monaco buddhista, capisce di dover abbandonare la
vita di piaceri cui è abituato. Siddharta lascia così Kamala, che (a
insaputa del protagonista) è incinta, e parte.
Siddharta si ferma presso il fiume, dove rivede dopo anni il barcaiolo che
l’aveva aiutato tempo addietro. Si tratta del saggio Vasuveda, che gli
insegna a comprendere lo spirito del fiume, concepito come un’entità
vivente. In particolare, nel lavoro quotidiano con Vasuveda Siddharta
apprende il ruolo fondamentale del silenzio, grazie a cui si possono
ascoltare tutti gli insegnamenti delle voci e dei rumori della Natura.
Anni dopo, Siddharta rivede Kamala, che, con il figlio avuto da lui, di nome
anch’egli Siddharta, si sta recando al capezzale del Buddha Gotama e deve
attraversare il fiume. Tuttavia la donna, convertitasi al buddhismo, viene
morsa da un serpente e muore. Siddharta, riconosciuto il bambino come suo,
lo prende con sé e lo alleva amorevolmente presso il fiume con Vasuveda. Il
giovane Siddharta, però, non assomiglia al padre: è svogliato, indolente e
scostante, e alla fine fugge via, proprio come aveva fatto il protagonista
molti anni prima. Vasudeva, nonostante le insistenze di Siddharta, gli
sconsiglia di andare in cerca del giovane, che deve trovare il proprio posto
nel mondo. La sofferenza dell’abbandono si unisce allora in Siddharta alla
presa di coscienza del dolore che egli stesso ha provocato al padre bramino,
quando ha abbandonato in giovane età la casa dei genitori.
La profonda riflessione che scaturisce da questo evento e la contemplazione
del fiume permettono a Siddharta di raggiungere finalmente l’illuminazione,
grazie alla quale egli comprende l’illusorietà del tempo e la grandiosa
ciclità del tutto, in cui confluiscono le gioie e i dolori, le speranze e le
sofferenze individuali. A questo punto, Vasuveda può separarsi dal suo
allievo.
Ormai anziano e saggio, Siddharta rivede per l’ultima volta Govinda, che,
senza inzialmente riconoscerlo, si reca ad ascoltare le parole del saggio
traghettatore. Siddharta spiega al vecchio amico i fondamenti di ciò che ha
scoperto: che non esiste alcun dottrina definitiva, poiché nel mondo ogni
affermazione “vera” è controbilanciata da un’altra altrettanto “vera”; che
quindi la Natura è un ciclo ininterrotto di opposti complementari, che va
amato ed ammirato nella sua completezza e totalità; che bisogna anzi
identificarsi con l’ordine del mondo attorno a noi; che il tempo e il
linguaggio non sono che gabbie illusorie per la nostra mente; che la vera
saggezza non può che giungerci dalla nostra più profonda interiorità.
Govinda riconosce così l’illuminazione di Siddharta, il cui volto si apre in
un raggiante sorriso di felicità.
Un commento:
Siddharta di Hermann Hesse può essere classificato nel genere del racconto o
romanzo di formazione (in tedesco, Bildungsroman), che descrive appunto il
modo - spesso critico e difficoltoso - in cui un giovane diventa un uomo
adulto. Nel caso specifico di Siddharta, questo percorso di maturazione
individuale ha come obiettivo la saggezza e si estende di fatto a tutta la
sua vita, intersecandosi fittamente con i principi del buddhismo orientale e
con alcuni dettagli della figura storica di Siddharta Gautama, il Buddha
storico.
Infatti i capisaldi del buddismo - tra cui il riconoscimento del desiderio
come fonte di dolore e della soppressione della brama di vivere come via per
il Nirvana - coincidono molto spesso con le riflessioni e le vie di ricerca
di Siddharta, che in un episodio centrale del romanzo, incontra appunto
Buddha. La sua ricerca di una dimensione interiore autentica e pacificata
tuttavia non si ferma agli insegnamenti del sommo maestro, poiché, per il
protagonista, ciascuno deve trovare la propria via alla saggezza. Siddharta
compie lo stesso percorso di Buddha, ma per certi versi lo supera, poiché la
sua illuminazione avviene non attraverso il rifiuto della vita, ma
immergendosi violentemente in essa, lasciandosene coinvolgere per poi
risorgerne con una nuova maturità.
Questa via individuale, per Siddharta, è a metà tra gli eccessi
dell’ascetismo intransigente dei Samana e la vita esclusivamente passionale
e terrena sperimentata con ll fascinosa Kamala; in più, l’illuminazione può
esser conseguita solo abbandonandosi, quasi in simbiosi con il fiume che
Siddharta contempla in silenzio, al ciclo eterno e meraviglioso della
Natura. Ciò tuttavia non significa - sia per Siddharta che per Hesse -
svalutare il ruolo dell’esperienza reale; quest’ultima anzi, come il
protagonista capisce quand’è ormai anziano e sapiente, è la risorsa
fondamentale per raggiungere la condizione di vera felicità.
In questo senso, alle suggestioni della cultura e della religiosità indiana,
cui l’autore è stato sensibile per tutta la sua vita, possiamo aggiungere
come fonte filosofico-culturali del libro alcuni spunti dell’idealismo
tedesco (come la coscienza di una realtà spirituale extrasensoriale e
l’illusiorietà del mondo fenomenico) e soprattutto la filosofia di
Schopenhauer. Molte delle idee centrali in Siddharta si trovano anche in
altre opere di Hesse, come per esempio Demian (1919), Il lupo della steppa
(1927), Narciso e Boccadoro (1930) e Il giuoco delle perle di vetro (1943).
Il libro, a partire soprattutto dagli anni Sessanta, è diventato un classico
della letteratura e un grande successo di pubblico (soprattutto giovanile)
per le tematiche trattate (la ricerca di sé, il conflitto con il mondo
tipico dell’età adolescenziale, il rifiuto dei beni materiali effimeri e
superficiali, l’inquietudine spirituale) e per la loro vicinanza con i
movimenti pacificisti del tempo e con le filosofie orientali.
Questo testo è stato pubblicato
per la prima volta (sotto la licenza
Creative Commons)
nel sito
Oilproject.org.
Il trailer ufficiale del film "Siddharta":
Questo film è un adattamento cinematografico del romanzo di Hermann Hesse, girato nel 1972, con la regia di Conrad Rooks.