Articolo di Andrea Cerioli.
Albrecht Eusebius von Wallenstein, uno dei protagonisti della guerra dei trent'anni.
Quadro di
Antonie Van Dyck (ca. 1630)
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In questa pagina potete leggere i primi tre capitoli dell'articolo di Andrea
Cerioli sulla guerra dei trent'anni.
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1555: La pace di Augusta:
Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, decise di rinunciare all’unità politica e religiosa dell’Impero: coi protestanti accettò la loro libertà religiosa, anche se impose due principi restrittivi:
1) cuius regio eius religio, secondo cui i sudditi di uno Stato avrebbero dovuto conformarsi alla religione del loro principe o, in caso contrario, emigrare;
2) reservatum ecclesiasticum, secondo cui i beni ecclesiastici secolarizzati prima del 1552 non sarebbero più stati rivendicati dalla chiesa cattolica, mentre se qualche prelato cattolico si fosse convertito al luteranesimo dopo tale anno avrebbe dovuto rinunciare a tutti i benefici e possessi goduti in virtù della propria carica e restituirli alla chiesa cattolica.
Poi decide di dividere l’Impero: a Ferdinando I l’Impero e la Boemia e a Filippo II la Spagna, i Paesi Bassi e l’Italia. Ma nonostante gli sforzi di molti principi per far funzionare le antiche istituzioni imperiali, erano le alleanze religiose a dominare ora la scena. La necessità di una politica confessionale era accettata senza minima riserva nel Palatinato del Reno (Elettore Federico III, calvinista). Sotto Federico IV il Palatinato era controllato da Cristiano di Anhalt. Costui pensava che per difendere la causa protestante, la restaurazione cattolica andava combattuta su tutti i fronti, non solo entro i confini dell’Impero, ma anche attraverso la promozione di un’alleanza protestante internazionale. Le relazioni più strette erano con la Repubblica Olandese.
L’affaire Cleves-Julich:
All’inizio del 1600 si era definito un nuovo centro d’interesse con la discussa successione al cattolico Giovanni Guglielmo, duca di Cleves-Julich, che non aveva figli. Entrambi i pretendenti alla successione erano di fede luterana: l’Elettore Giovanni Sigismondo del Brandeburgo e Philipp Ludwig, duca di Neuburg. Ma gli stati dello Cleves-Julich avevano ricevuto garanzie di appoggio dai cattolici Elettore di Colonia e da Filippo II di Spagna.
Il candidato favorito da Cristiano di Anhalt e dagli olandesi era l’elettore del Brandeburgo. Cristiano concentrò la sua attenzione sulla creazione di un’alleanza esclusivamente tedesca, visto che non aveva trovato alleanze all’estero.
Nel 1607 egli siglò un trattato tra Palatinato, i mangravi di Ansbach e Kulmbach e la città di Norimberga, con lo scopo di proteggere l’Alto Palatinato da un’aggressione della Baviera. Comunque il futuro dell’Unione protestante era lungi dall’essere chiaro.
L’alleanza non era dotata di un programma politico comune e all’interno degli 8 firmatari solo la metà era convinta dell’inevitabilità di una grande guerra di religione. I principi pretendenti al ducato di Cleves-Julich (Giovanni Sigismondo del Brandeburgo e Philipp Ludwig) erano ora sostenuti dall’Unione protestante. Ora Cristiano di Anhalt chiese l’aiuto di Enrico IV di Francia (4 febbraio 1610). L’intervento di Enrico IV trasformò l’affaire Cleves-Julich da crisi intestina l’Impero in crisi internazionale. Ma le ambiziose manovre francesi furono frenate dall’assassinio di Enrico IV il 14 maggio 1610.
Sempre nel 1610, ma il 10 luglio, fu fondata la Lega cattolica (andava a sostituire la lega di Landsberg, sciolta per bancarotta nel 1599). La nuova lega era comandata da Massimiliano di Baviera, ma esitava ad intervenire nella crisi di Cleves-Julich fino a quando il timore che la guerra potesse estendersi dopo la caduta di Julich spinse la Lega a mobilitare un esercito, ma questo provocò dall’altra parte un incremento dei membri dell’Unione protestante: l’Inghilterra nel 1612 e le Province Unite nel 1613 e 13 città. Nessuna delle due parti però voleva entrare in guerra e venne firmata una tregua: il governo dei ducati venne diviso: il Brandeburgo ricevette il Cleves e Neuburg il Julich.
Ma la crisi non era finita: all’interno dell’alleanza si verificò una spaccatura tra le città ed i principi: Nel 1615 le città rifiutarono di una guerra che rivendicasse le pretese del Brandeburgo sul Julich: le città non esitarono a utilizzare il loro predominio economico per dettare i termini della nuova alleanza: le città ottennero un diritto di veto per futuri interventi militari comuni. Così l’Elettore del Brandeburgo si ritirò.
Finito il problema Cleves-Julich si aprì un nuovo affaire: la designazione del successore dell’Imperatore Mattia. La casa degli Asburgo sosteneva Ferdinando di Stiria, i signori del Palatinato gli preferivano Massimiliano di Baviera, nella speranza di dividere gli Elettori cattolici visto che per Federico V non c’erano chances di ottenere la maggioranza nel collegio elettorale. Cristiano di Anhalt (“capo” del Palatinato) decise allora di sollecitare gli Stati rappresentativi protestanti d’Austria e Boemia: nell’Italia settentrionale poi era coinvolto nella costituzione di un fronte anti-asburgico con Venezia e la Savoia.
Per Anhalt la sfida agli Asburgo non era persa in partenza: la Lega cattolica era al collasso per disaccordi intestini, inoltre se i suoi alleati (Francia e Inghilterra) non erano affidabili di li a poco sarebbe scaduta la Tregua dei Dodici anni tra Spagna e Olanda (nel 1621) e l’Inghilterra la Francia sarebbero state obbligate e schierarsi con il fronte anti-asburgico.
La guerra degli uscocchi:
La difesa della frontiera austro-turca era parzialmente affidata ai rifugiati dei Balcani, che avevano trovato asilo nei territori asburgici. Essi erano chiamati uscocchi (parola serba per “rifugiati”). Alcuni di loro si insediarono nei piccoli porti della costa orientale e conservavano la zona libera dalle navi turche, ma sfortunatamente anche da quelle cristiane: nessuna nave era al sicuro dai loro attacchi pirateschi. Il loro obiettivo privilegiato erano le navi dei mercanti veneziani.
La Repubblica di Venezia tentò prima di difendere le proprie navi con flotte più consistenti, poi decise di attaccare direttamente e nel dicembre del 1615 le sue truppe assediavano Gradisca.
Nello stesso tempo gli agenti veneziani organizzarono all’estero una campagna diplomatica per procurarsi alleati nella lotta contro Ferdinando. La Repubblica Olandese invia allora aiuti militari ai veneziani; più tardi giunse anche un contingente di volontari inglesi. Nel frattempo una flottiglia di navi inglesi ed una olandese presidiavano l’Adriatico impedendo così che arrivassero degli spagnoli di Napoli in aiuto a Ferdinando.
Anche per via terra gli aiuti a Ferdinando erano negati: nel ducato di Milano era scoppiata la “guerra di Mantova”: si era aperto il conflitto per la successione al feudo di Mantova. I pretendenti erano il fratello del duca Francesco (sostenuto dagli Asburgo) e la figlia di Francesco (che chiese aiuto alla Savoia).
Solo la Spagna era in grado di fornire i rinforzi necessari ed ora la cessione dell’Alsazia e dei due enclaves imperiali (Finale Ligure e piombino) alla Spagna sembrava un equo prezzo da pagare in cambio del riconoscimento spagnolo della legittimità di Ferdinando come erede di Mattia.
Nell’inverno 1617-18 Ferdinando venne nominato sovrano designato e la corte imperiale si ritirò a Vienna lasciando un governo di reggenti a Praga [L'elezione imperiale doveva essere poi confermata dal pontefice, che procedeva all'incoronazione ufficiale. In origine, tutti i principi dell'impero partecipavano all'elezione del re, ma nel 1263 il papa Urbano IV emise due bolle che limitavano tale privilegio a sette principi.
Tuttavia, l'autorità e la composizione di tale elettorato non furono stabilite definitivamente fino al 1356, quando con la Bolla d'Oro l'imperatore Carlo IV nominò gli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri e quattro laici, il margravio di Brandeburgo, il duca di Sassonia, il conte palatino del Reno e il re di Boemia. Nel 1623 il voto del duca di Baviera fu sostituito a quello del conte palatino del Reno, poi riammesso nel 1648. Gli elettori salirono a nove nel 1692, quando fu ammesso anche l'Hannover, per tornare a otto con l'estinzione dei duchi di Baviera nel 1778.]
Agendo sui reggenti di Praga, Ferdinando introdusse una serie di misure provocatorie: controllo dei libri stampati, vietò il ricorso a sussidi da fondi ecclesiastici per pagare i ministri protestanti e infine proibì l’ammissione di non-cattolici a cariche civili.
I leader boemi decisero di opporre resistenza all’imperatore e si attendevano una mobilitazione di massa per la loro causa da parte degli alleati stranieri, ma se le nazioni si potevano permettere di venire in aiuto di uno stato indipendente, non altrettanto potevano fare con dei ribelli.
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