La musica nella vita e nell'opera di Friedrich Nietzsche
Friedrich Nietzsche e Richard Wagner,
in una locandina di una mostra a Bayreuth,
in occasione del centenario della morte di Nietzsche nel 2000.
grafica:
www.omm.de/veranstaltungen
Articolo di Svalbard.
Che la musica abbia avuto un ruolo insostituibile nello spirito della civiltà tedesca è cosa evidente. Non deve perciò stupire il fatto che un illustre esponente di questa civiltà, Friedrich Nietzsche, si sia occupato di musica non solo da un punto di vista filosofico, bensì anche pratico - non certo al livello dei grandi compositori a lui contemporanei, ma senz'altro con una competenza più che dilettantistica.
L'esperienza musicale niciana si sviluppa nell'universo familiare, in età precocissima; è del nonno materno la consuetudine di organizzare in casa propria, secondo un uso assai diffusi in Germania, esecuzioni private di musiche anche impegnative; ed il padre è ricordato dalla moglie come abile improvvisatore pianistico. L'improvvisazione pianistica costituisce infatti il pilastro su cui si appoggia la competenza musicale del filosofo tedesco, e per cui essa sarà più apprezzata.
A Naumburg, dove soggiorna dal 1851 al 1858, Nietzsche ha occasione di frequentare il salotto del Consigliere Krug, punto d'incontro anche di famosi musicisti; da alcuni suoi scritti del '58 sembra affiorare l'intenzione di dedicarsi esclusivamente alla musica. Gli studi proseguono poi a Pforta, dove entra nel coro del Collegio Cistercense.
Negli anni immediatamente successivi, la preferenza niciana accordata alle esperienze più classiche trapassa in un avvicinamento alla "nuova musica", precedentemente detestata: Berlioz, Liszt, Wagner. Fino ad ora, infatti, la sua produzione musicale - tralasciando numerosi frammenti ed abbozzi, tra cui una Messa - si è accentrata principalmente nei campi cameristici del Lied (su testi di Groth, Rückert, Eichendorff, Petofi, Chamisso, Lou Andreas-Salomè, Byron, oltre che propri) e della musica pianistica. Il suo carattere risente nettamente dell'impronta schubert-schumanniana, tanto nella cantabilità melodica quanto nella preferenza accordata alla forma degli
"Albumblätter", composizioni brevi ed essenziali. Il discorso armonico rivela qui l'inesperienza di uno studio prevalentemente autodidattico; ma le ombre lisztiane e wagneriane lo portano a complicarsi nelle opere seguenti, tra cui il poema sinfonico
"Ermanarich" (1861). Si propone infatti un percorso tonale più ampio e più fluttuante, articolato in accordi dissonanti non risolti, ritardi, appoggiature, modulazioni improvvise.
A Lipsia dal 1865 al 1868, apprezzato conoscitore di musica, Nietzsche diviene critico musicale per la
"Deutsche Allgemeine". Nel 1868 incontra personalmente Richard Wagner, col quale avvia un'amicizia destinata a sfociare più tardi in polemica insanabile. Nel 1871 elabora un'opera per pianoforte a quattro mani, i
"Sylvesterklänge", definendola "manifestazione dionisiaca" (è dello stesso anno la pubblicazione della
"Nascita della Tragedia") e la dona a Cosima Wagner quale regalo di Natale. L'accoglienza con cui essa viene accolta dai coniugi Wagner è piuttosto tiepida; nel 1872 Nietzsche riceve una dura critica da parte del direttore d'orchestra Hans von Bülov per una successiva elaborazione della stessa opera, i
"Manfredklänge". E' evidente che anche sulla base di questi giudizi sfavorevoli Nietzsche si risolve a dedicare alla musica uno spazio solo più teorico nel percorso filosofico che proprio dalla musica, in
"La nascita della Tragedia", si è schiuso.
In questa complessa opera, l'essenza della tragedia classica (in particolar modo eschilea e sofoclea) viene identificata in una diade di principi complementari: il dionisiaco e l'apollineo. Il primo esprime la vera realtà dell'esistenza umana, fatta di dolore e di contraddizione, espressa dalle amare parole di Sileno: "Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è - morire presto". (1)
L'ebbrezza parossistica dei riti dionisiaci è il modo attraverso cui l'uomo può accettare questa realtà. Tuttavia a lui è data anche la possibilità di rifugiarsi in un mondo di fantasia, di sogno, di belle forme: appunto l'apollineo, la cui massima espressione fantastica sono le perfette divinità dell'Olimpo, nelle cui umane vicende l'uomo può identificarsi. E l'apollineo si identifica, nella tragedia di Euripide, con il socratico: con il mondo della logica e dell'evidenza, che sostituisce il piacere della conoscenza razionale a qualsiasi altro tipo di piacere, l'ottimismo del sapere al pessimismo dell'accettazione (in senso - ancora - schopenhaueriano), fino al limite in cui il razionale brucia i suoi limiti e si autodistrugge, convertendosi nel suo contrario.
La scultura e la poesia epica sono espressioni dell'apollineo; esse creano immagini, sogni; il dionisiaco, per contro, trova la sua espressione più compiuta nella musica. La musica nasce da un'identificazione totale dell'artista con "l'uno originario, col suo dolore e la sua contraddizione"; il prodotto di quest'identificazione è puro, non riducibile a concetti ed immagini.
Sono idee che risentono nettamente dell'estetica di Schopenhauer, oltre che di una consapevolezza immediata ed essenziale della musica quale solo un improvvisatore, ancor più che un compositore, può avere.
Nietzsche identifica una rinascita tragica, quale sintesi di apollineo e dionisiaco, nel
"Tristano e Isotta" di Wagner, dedicatario dell'opera. Tuttavia altrove entra in contraddizione, in quanto afferma che la musica tollera solo con grande difficoltà, al suo fianco, elementi apollinei quali la parola e l'impianto scenico dell'opera, o i "programmi" che nella seconda metà dell'Ottocento sembrano essere divenuti indispensabili per qualsiasi espressione di musica sinfonica, anche d'età precedente.
In effetti, da un altro scritto niciano coevo, "Musica e parola", affiora un'estetica musicale del tutto incompatibile con la poetica wagneriana del
"Wort-Ton-Drama". Viene qui infatti affermata la priorità espressiva della musica sul testo, contrariamente al principio wagneriano secondo cui la musica deve essere solo il mezzo per conseguire il fine, il dramma: "Mettere la musica completamente al servizio di immagini, e di concetti, utilizzarla come mezzo allo scopo di dar loro forza e chiarezza, questa è la strana arroganza del concetto di "opera"; (...) Perché la musica non può mai diventare un mezzo anche se la si violenta, se la si vessa, se la si tormenta; come suono, come rullo di tamburo, ai suoi livelli più rozzi e più semplici essa supera ancora la poesia e la abbassa ad un proprio riflesso. (...) Certamente la musica mai può diventare mezzo al servizio del testo, ma in ogni caso supera il testo; diventa dunque sicuramente cattiva musica se il compositore spezza in se medesimo ogni forza dionisiaca che in lui prende corpo, per gettare uno sguardo pieno d'ansia sulle parole e sui gesti delle sue marionette." (2) Prosegue affermando che i migliori operisti sono coloro che meno danno peso alle esigenze drammatiche del libretto, e che la musica drammatica perde ogni significato dionisiaco, svilendosi a simbolo, a richiamo per la memoria (riferimento involontario ai Leitmotive wagneriani?).
Alcuni studiosi hanno ravvisato in questa incompatibilità estetica di fondo
la vera radice della rottura tra il musicista ed il filosofo, che avrà
cospicui echi nelle corrispondenze e in due scritti posteriori, "Il caso
Wagner" e "Nietzsche contra Wagner" (1888), realizzati a Torino ormai sotto
l'ombra della follia.
E la musica, l'orgasmo dionisiaco è tutto ciò che resta a Nietzsche negli ultimi anni della sua vita. A Jena, vegliato dalla madre, trascorre il tempo improvvisando furiosamente al pianoforte, in stile wagneriano, si dirà.
Nata dalla musica, così nella musica si conclude la peripezia esistenziale niciana, alla quale Thomas Mann si ispirerà per informare le vicende biografiche del musicista Adrian Leverkühn, simbolo eclatante dell'essenza e delle contraddizioni dello spirito tedesco.
Testo:
Svalbard,
pubblicato in "Teseo", marzo 1988.
NOTE: (1) F. Nietzsche, La nascita della tragedia. Trad. di Sossio Giametta, Milano 1977, pag. 32
(2) Cit. da Ugo Duse, La musica nel pensiero di Nietzsche e di Wagner, in Musica e Filosofia, Bologna 1732, pag. 153-154