Questo articolo è stato pubblicato qui con il gentile
permesso di: www.cronologia.it
La vita di Karl Marx:
Karl Marx nacque a Treviri il 5 maggio 1818.
Figlio di un brillante avvocato ebreo che, insieme con la famiglia, si era
convertito al protestantesimo per motivi politici, nonostante fosse rimasto
su posizioni sostanzialmente agnostiche, Marx ebbe un'educazione improntata
al liberalismo ed in un primo momento pensò di seguire la carriera paterna
iscrivendosi a Giurisprudenza.
A Berlino, però, il contatto con il club
dei Giovani Hegeliani (dei quali in seguito rinnegherà le posizioni) e
con il pensiero di Hegel, lo portarono a maturare la decisione di
abbandonare Legge e di iniziare a frequentare la
facoltà di filosofia a Jena,
dove si laureò con una tesi su Democrito ed Epicuro.
Data la politica reazionaria vigente in Prussia, decise che le sue posizioni
politiche non gli avrebbero permesso di intraprendere serenamente la
carriera universitaria e così divenne caporedattore della
Rheinische Zeitung (Gazzetta Renana), che
fu in seguito interdetta dal governo. Proprio a causa dello scioglimento
forzato del giornale, Marx fu costretto a trasferirsi a
Parigi (1843), dove terminò la stesura
della Critica della filosofia del diritto di Hegel. Il
1844 fu l'anno in cui Marx abbracciò
definitivamente l'ideologia comunista: ne
sono testimoni i 2 saggi che pubblicò sul primo (e ultimo) numero degli
Annali franco-tedeschi, redatto insieme con Ruge.
Sempre nel '44 Marx strinse una profonda amicizia con
Friedrich Engels e con lui cominciò ad
interessarsi alle materie economiche, un interesse che sfociò nei
Manoscritti economico-filosofici. Il
soggiorno francese non durò comunque oltre: sotto la pressione del governo
prussiano, Marx fu costretto ad abbandonare Parigi e si stabilì a
Bruxelles. Qui, in collaborazione con
Engels, scrisse Die heilige Familie (La Sacra Famiglia), diretta contro
Bauer ed i suoi discepoli, e maturò il definitivo distacco dalla filosofia
tedesca con le Tesi su Feuerbach e,
soprattutto, con Deutsche Ideologie
(Ideologia tedesca).
Nel 1848 la
Lega dei comunisti, al cui primo congresso del 1847 Marx non aveva
potuto partecipare, gli propose di stendere un documento
teorico-programmatico: il frutto di questo lavoro fu
Manifest der kommunistischen Partei (il
Manifesto del partito comunista), edito a Londra
sempre in collaborazione con Engels. Ristabilitosi nel frattempo in
Germania, Marx ne fu nuovamente espulso nel '49 e questa volta si trasferì a
Londra, dove si ritirò dalla politica
attiva dopo aver tentato di ricostituire la Lega dei comunisti.
Per Marx, la moglie Jenny e la loro numerosa famiglia, il soggiorno inglese
si presentò carico di problemi economici: il suo lavoro al British Museum e
la sua collaborazione col New York Tribune non sarebbero stati sufficienti
al sostentamento se non fossero arrivati aiuti da Engels. Ciò nonostante
Marx non interruppe la sua attività di studio e, nel 1866, iniziò a comporre
Das Kapital (il Capitale), che, dopo la
sua morte, fu redatto da Engels, il quale si basò sui suoi appunti.
Nel frattempo (1864) era diventato la
figura dominante dell'Associazione Internazionale
dei Lavoratori, per la quale, nel 1870,
scrisse due Indirizzi sulla guerra franco-prussiana. Del 1875 sono gli
Appunti sul programma di Bakunin Stato e Anarchia
e la Critica del programma di Gotha, una
disanima nei confronti della decisione di unificazione dei socialisti
tedeschi, per Marx poco rivoluzionaria. Nel 1881 gli morì la moglie Jenny e
Marx la seguì 2 anni dopo (il 14 marzo 1883),
lasciando nello sconforto Engels e tutto il movimento operaio
internazionale.
La casa natale di Karl Marx a Treviri, oggi ospita un museo foto:
Wikimedia Commons
Il pensiero di Marx:
Nel 1858, lavorando al suo primo importante saggio di economia, Per la
critica dell'economia politica, Marx così descrive questa prima fase del suo
processo di formazione:
«Avevo cominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e lo continuai a
Bruxelles, dove ero emigrato in seguito a un decreto di espulsione del sig.
Guizot. Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito,
mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato
così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in
rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in
rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo
delle forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione
costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla
quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale
corrispondono forme determinate della coscienza sociale.»
Struttura - sovrastruttura: è una delle più importanti formulazioni marxiane
in ambito teoretico, ciò che fa di questo pensatore un filosofo a pieno
titolo. Questa coppia di concetti, infatti, può essere letta, nel solco
della tradizione "metafisica" occidentale, come la continuazione di quella
ricerca del fondamento che caratterizza tutta la storia della filosofia. In
questo caso, si tratta di un vero e proprio ribaltamento prospettico, che
pone la sostanza dell'esistenza non più "nel pensiero" degli uomini ma nella
loro natura materiale, determinata dal lavoro e dai rapporti di produzione.
Ma anche se la concezione idealista e metafisica tradizionale è ribaltata,
ciò non toglie che il concetto di "fondamento reale" o "incondizionato" con
cui Marx interpreta il ruolo dell'economia nei rapporti umani e
nell'esistenza, risponda al medesimo interrogativo sull'"essere" dell'uomo
che aveva da sempre guidato la ricerca filosofica.
«Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il
processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli
uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere
sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo,
la forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i
rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne
sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per
l'innanzi s'erano mosse.»
I rapporti di proprietà costituiscono, nell'analisi economica marxiana,
l'elemento centrale del rapporto di forza tra le classi. Occorre chiarire
che, per Marx, contrariamente che per altri "socialisti" e "utopisti" del
suo tempo, non è la proprietà in sé il fattore di ingiustizia sociale da
combattere, ma la proprietà dei mezzi di produzione quando è separata da chi
effettivamente li utilizza. In poche parole: il capitalista detiene le
macchine dell'opificio con cui produce la merce da cui ricava il suo
profitto; ma egli non lavora direttamente alle sue macchine, bensì impiega
una forza-lavoro salariata alla quale non è destinato il profitto ricavato
dal proprio lavoro ma solo una quota di esso (il salario), sufficiente al
proprio mantenimento fisico. Questa separazione tra forza-lavoro
(proletariato) e mezzi di produzione è l'anomalia sociale che genera, alla
lunga, le rivoluzioni.
«Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono
in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il
cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta
la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è
indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle
condizioni economiche della produzione che può essere constatato con la
precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche,
religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che
permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come
non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si
può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha
di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni
della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive
della società e i rapporti di produzione.»
Ma veniamo ora all'Ideologia tedesca.
«Il fatto è dunque il seguente: individui determinati che svolgono
un'attività produttiva secondo un modo determinato entrano in questi
determinati rapporti sociali e politici. In ogni singolo caso l'osservazione
empirica deve mostrare empiricamente e senza alcuna mistificazione e
speculazione il legame fra l'organizzazione sociale e politica e la
produzione. L'organizzazione sociale e lo Stato risultano costantemente dal
processo della vita di individui determinati; ma di questi individui, non
quali possono apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali
sono realmente, cioè come operano e producono materialmente, e dunque
agiscono fra limiti, presupposti e condizioni materiali determinate e
indipendenti dal loro arbitrio.»
È necessario chiarire che il presupposto generale di Marx è il principio
secondo cui è nel lavoro che avviene la piena realizzazione dell'"essere
umano".
Egli scrive, nei Manoscritti del '44: «Certamente anche l'animale produce.
Si fabbrica un nido, delle abitazioni, come fanno le api, i castori, le
formiche, ecc. Solo che l'animale produce unicamente ciò che gli occorre
immediatamente per sé o per i suoi nati; produce in modo unilaterale, mentre
l'uomo produce in modo universale; produce solo sotto l'impero del bisogno
fisico immediato, mentre l'uomo produce anche libero dal bisogno fisico, e
produce veramente soltanto quando è libero da esso; l'animale riproduce
soltanto se stesso, mentre l'uomo riproduce l'intera natura; il prodotto
dell'animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l'uomo si
pone liberamente di fronte al suo prodotto. L'animale costruisce soltanto
secondo la misura e il bisogno della specie, a cui appartiene, mentre l'uomo
sa produrre secondo la misura di ogni specie e sa ovunque predisporre la
misura inerente a quel determinato oggetto; quindi l'uomo costruisce anche
secondo le leggi della bellezza. Proprio soltanto nella trasformazione del
mondo oggettivo l'uomo si mostra quindi realmente come un essere
appartenente ad una specie. Questa produzione è la sua vita attiva come
essere appartenente ad una specie. Mediante essa la natura appare come la
sua opera e la sua realtà. L'oggetto del lavoro è quindi l'oggettivazione
della vita dell'uomo come essere appartenente ad una specie, in quanto egli
si raddoppia, non soltanto come nella coscienza, intellettualmente, ma anche
attivamente, realmente, e si guarda quindi in un mondo da esso creato.»
[Manoscritti economico filosofici del 44, Torino 1968, traduzione di
Norberto Bobbio].
«La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in
primo luogo direttamente intrecciata all'attività materiale e alle relazioni
materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i
pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come
emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso
modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio
della politica, delle leggi, della morale, della religione, della
metafisica, ecc. di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro
rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, così come sono
condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle
relazioni che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La
coscienza non può mai essere qualche cosa di diverso dall'essere cosciente,
e l'essere degli uomini è il processo reale della loro vita.»
a sinistra: Il Manifesto del partito communista (prima
edizione del 1848), con il sottotitilo: Proletarier aller Länder, vereinigt
euch! (Proletari di tutti i paesi unitevi!) a destra: Il Capitale. Critica dell'economia politica
(prima edizione del 1867)
fonte:
Wikimedia Commons
Il Capitale. Critica dell'economia politica (prima edizione del 1867)
fonte:
Wikimedia Commons
"La coscienza - scrive Marx - non è distinguibile da colui che la possiede":
qui non si parla, dunque, come sostiene Ricoeur, di due
coscienze, una superficiale e una profonda, ma di un'unica coscienza che è
l'essenza stessa dell'uomo. Marx non distingue quindi tra livelli di
coscienza, ma tra livelli di rappresentazione: tra "coscienza" e falsa
coscienza. Quest'ultima non è che la conseguenza di una alienazione
intellettuale che provoca nell'uomo l'incapacità di distinguere la vera
realtà da quello che è il "prodotto secondario" delle condizioni materiali
di esistenza, l'"ideologia". In Marx la "doppia realtà" è una operazione
intellettuale consapevole e non una "doppia coscienza". Ristabilire la vera
gerarchia dei valori per il nostro filosofo significa ristabilire un ordine
di priorità, capovolgere, appunto, ciò che è stato sublimato, e non
interpretare qualcosa di oscuro che si nasconde sotto un'apparenza più
sensata e comprensibile.
«Esattamente all'opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che
discende dal cielo alla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si
parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da
ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per
arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente
operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo
sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita.
Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell'uomo sono
necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita,
empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza
la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le
forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la
parvenza dell'autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli
uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni
materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro
pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la
vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si
parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che
corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e
si considera la coscienza soltanto come la loro coscienza.
Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai
presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti
sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma
nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto
condizioni determinate.»
Testo: Franco Gonzato
Argomento correlato:
Friedrich Engels
Amico e stretto collaboratore di Marx. Scrissero alcune opere insieme.