Superato l’ingresso si apre lo scenario: un enorme senso di vuoto e di
immenso che inizialmente lascia disorientati. Sulla sinistra la ricostruzione di una
delle baracche per tentare di dare una vaga idea di come fossero i luoghi
dove vivevano accolti i malcapitati.
All’interno del campo le uniche baracche presenti sono ormai delle
ricostruzioni. Alcune delle baracche erano per i prigionieri lavoratori, altre
per i malati e gli invalidi. Una baracca era invece riservata ai prigionieri che
dovevano essere puniti in modo più severo.
Nell’area circostante però sono state ricreate le strutture presenti nel campo
tracciandone e delimitandone il perimetro. L’idea è quella di grosse costruzioni
in legno in cui venivano stipati centinaia di uomini.
Il crematorio “nuovo”. A Dachau infatti sono presenti due crematori: uno per “lo smaltimento artigianale” dei cadaveri. L’altro, decisamente più grande simile alla costruzione che si vede nell’immagine per uno “smaltimento più industriale e programmato”. Il vialetto che conduce a questo luogo suscita terrore. Il grosso comignolo che spunta dietro il crematorio parla da sé senza la scritta Krematorium sulla targa antistante la tetra costruzione.
I forni crematori. L’immagine esprime tutta la sua crudeltà ed è forse uno degli emblemi dello sterminio. Il punto finale della fabbrica della morte, dove ogni giorno decine e decine di corpi venivano inceneriti per ‘ovviare’ e ‘ottimizzare’ lo smaltimento dei cadaveri.
Panche di legno nudo e crudo, solitamente disposte su tre piani, rappresentavano le condizioni in cui i detenuti dovevano dormire.
All’interno del museo del campo: alla parete viene esposta un’immagine dell’epoca
con spiegato il sistema di identificazione dei prigionieri, il cosiddetto "Kennzeichnung der Häftlinge in den Konzentrationslagern".
Esso codifica i perseguitati con gli ormai famosi contrassegni triangolari:
triangolo nero = asociali,
triangolo verde = criminali,
triangolo blu = immigranti o lavoratori stranieri,
triangolo viola = testimoni di Geova,
triangolo rosa = omosessuali;
triangolo rosso = prigionieri politici.
Un piccolo cerchio nero circondato da un cerchio vuoto identificava le
persone assegnate ai battaglioni penali, se il cerchio invece era rosso
indicava un prigioniero sospettato di fuga.
Quando ad un triangolo veniva sovrapposto un altro triangolo invertito di colore, significava che
il prigioniero era un ebreo ausiliare.
Un triangolo rosso sovrapposto ad un triangolo indicava un detenuto
politico ebreo, un triangolo sovrapposto ad un triangolo rosa
indicava un omosessuale ebreo.
Il triangolo nero vuoto sovrapposto ad un triangolo indicava un ebreo che era stato accusato di violare le
leggi naziste sulla purezza della razza, intrattenendo una relazione con una
donna ariana.
Il simbolo inverso, ovvero un triangolo sovrapposto ad
un triangolo nero identificava una donna ariana accusata di avere una
relazione con un ebreo.
L’interno delle camere a gas del campo. All’ingresso sembravano comuni docce con tanto di scritta “Brausebad”. Esse erano collocate proprio in prossimità del crematorio. L’atmosfera è agghiacciante, oltre a conferire, già di per se stessa, l’idea di soffocamento dovuto alla scarsa altezza della stanza.
Un lavandino comune in una delle baracche di Dachau.
All’interno del museo del campo si trova questo strumento di tortura: un tavolino basso davanti al quale il prigioniero si doveva appoggiare in ginocchio,veniva legato alle caviglie e dopo di che subiva numerose vergate. Questo veniva usato per evitare che il deportato, dopo aver subito diverse bastonate potesse svenire cadendo a terra. Anche dopo la perdita dei sensi, con questo sistema, avrebbero continuato a subire il loro supplizio.
© 2023 Wolfgang Pruscha
Contatto - copyright - privacy