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Gotthold Ephraim Lessing: "Emilia Galotti"

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Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781)
Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781),
quadro di Carl Jäger

Il motivo della fanciulla perseguitata:

Nel momento letterario e culturale del Settecento europeo si presenta nella fantasia degli scrittori e agli occhi dei lettori il personaggio tragico della fanciulla perseguitata dal libertino avido che attenta alla sua Virtù (con la “v” maiuscola) e che, alla fine, riesce in qualche modo a compromettere. Di solito, si tratta di un nobile di una famiglia illustre, del signore della casa che insidia la cameriera, o ancora un losco figuro di generica provenienza che circuisce una giovinetta ingenua e casta per il suo turpe scopo. A volte la fanciulla in questione non cede e ciò la porta spesso alla morte, altre volte subisce in ogni caso la sua corruzione spirituale e fisica.

Nel Settecento e nell’Ottocento giovinette perseguitate sono: Emilia Galotti dell’omonimo dramma borghese dell’illuminista tedesco Gotthold Ephraim Lessing (1772); la giovane Cécile corrotta da Valmont, il libertino de "Le relazioni pericolose" (1782) di Pierre Choderlos de Laclos che cospira con madame Merteuil per plagiare anche un’altra dama; Justine o le disavventure della virtù (1791) del Marchese De Sade (forse la più famosa), e la Margherita del "Faust" di Goethe (1808 e 1832). Nel "The Monk" dell’inglese M.G. Lewis le fanciulle braccate sono due: Antonia ed Agnes, minacciate dal solito vizioso in un’atmosfera da macabro brivido infernale. Precursore di quello che sarà il tema letterario più in voga del secolo apparentemente di esclusiva proprietà dei Lumi è tuttavia l’inglese Samuel Richardson con i romanzi sentimentali Pamela o la virtù riconquistata (1740) e Clarissa Harlowe (1748), due cameriere dal destino diverso (la prima sposa il suo seduttore per evitare la vergogna, la seconda morirà pentita di aver ceduto) ma accomunate dalla stessa persecuzione.

"Emilia Galotti" di Lessing:

"Emilia Galotti" di Lessing è un dramma teatrale in cinque atti ambientato nel principato di Guastalla, da qualche parte nell’Italia rinascimentale, dove i personaggi principali ruotano intorno alla giovane ma, come vedremo, tenace Emilia. In primo luogo abbiamo il principe Ettore Gonzaga che nel dramma sarà chiamato semplicemente il Principe; poi il suo ciambellano Marinelli; quindi i genitori di Emilia, Odoardo e Claudia Galotti e, infine, il conte Appiani che ha il ruolo difficile del fidanzato di Emilia. Figura di rilievo è il pittore Conti che, soprattutto nelle prime scene del dramma, pronuncerà notevoli massime sull’arte e l’amore (“Noi dipingiamo con occhi da innamorati; e solo occhi di innamorati dovrebbero giudicarci…”).

La trama è quella di un thriller contemporaneo. Il viziato Principe vorrebbe incatenare a sé, nel ruolo dell’amante, la borghese Emilia Galotti e vede il suo rapimento come l’unico modo per riuscire nel suo intento. Coinvolge perciò il suo ciambellano, il cinico Martinelli (“Non è la prima volta che una ragazza viene rapita con la forza, senza che la cosa abbia affatto l’apparenza di un rapimento”), e la rinchiude in un castello dopo aver fatto sì che il suo promesso sposo, il Conte Appiani, non vada in nessun caso a reclamarla. Emilia deciderà di uccidersi piuttosto che sottomettersi alle lusinghe del Principe per conservare sia la sua virtù sia la sua moralità. Chiede dunque al padre Odoardo di ucciderla con un pugnale nello stesso castello dove è tenuta prigioniera e quindi la sua è una fine nobile, morirà “come una santa” fra le braccia del padre.

Considerata da molti la prima tragedia politica, antitirannica, tedesca, l’Emilia Galotti è, allo stesso tempo, dramma borghese e critica (non come denuncia sociale, però) della corte dell’epoca che non risparmia sentenze affilate (“…non cerchiamo di apparire saggi là dove siamo soltanto fortunati”, battuta di Odoardo) né aforismi mordaci (“Non basta che il consiglio di uno sciocco sia buono, una volta tanto: ci vuole anche un uomo abile per metterlo in pratica”, battuta del Principe).

Emilia è la solida eroina che avverte dentro di sé il dissidio fra la sua infinita forza morale e la paura di cedere alla seduzione del Principe e finisce per scegliere la morte come terza soluzione. Nell’eterna lotta fra bene e male, la morte come soluzione estrema per evitare il peggio ha la meglio sull’animo di una giovane donna spaventata, ma allo stesso tempo sicura di sé e della sua onestà. Emilia è convinta delle sue idee (“…il vizio altrui può renderci complici contro la nostra volontà!”) e nella solenne scena della morte, diventa la paladina dell’integrità fisica e spirituale (“Chi non può opporsi alla violenza? Quello che si chiama violenza è niente: la seduzione è la vera violenza!”).

Il personaggio del Principe è enigmatico; da un lato egli non esita a far rapire Emilia per realizzare il suo scopo, dall’altro appare in fondo un po’ patetico e titubante. È Marinelli a confortarlo nel dubbio e a convincerlo della furbizia della sua azione (“L’arte di piacere…di persuadere…arte che non manca mai a un principe che ama”). Il Principe non è il tipico libertino crudele, è forse solo un innamorato convinto di avere diritto di vita e di morte sull’amato bene, e forse non avrebbe mai immaginato un tragico epilogo come quello che Emilia alla fine sceglie per il suo onore e per quello della sua famiglia.

Testo: Sabrina Bottaro

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