Per Brahms la musica si completa da sé e possiede cioè una propria intima
espressione. Per dimostrarlo sviscera tutte le questioni tecniche; lavora
sulla forma per gradi secondo personali valori musicali sino alla sinfonia.
Nel 1862 si trasferisce a
Vienna, città con la quale creerà un legame
destinato a durare sino alla morte. Lì diventa direttore d’orchestra oltre
che compositore di fama e pianista. Comincia ad inasprirsi la
contrapposizione Wagner - Brahms che la critica ha oggi ridimensionato ad un
piano quasi esclusivamente personale. Brahms non intende far polemica né
rappresentare una eccessiva reazione al progressismo di Wagner.
Semplicemente la sua musica nasce da esigenze intime, malinconiche,
riflessive, elegiache e meditative rispetto all’alto lirismo e agli slanci
eroici tipici della prima generazione romantica che coniugava fatti musicali
a contenuti letterari. Brahms sviluppa una nuova concezione del discorso
musicale che viene depurato da costruzioni retoriche e inserito in una
dimensione espressiva più neutra, ma non per questo meno emotiva. Il tema
musicale è solo un passaggio in cui nascono idee, periodi. La gamma
passionale scivola dalla depressione più disperata ad un’esplosione di
sentimenti sublimi.
La Musikwissenschaft, la scienza della musica, forgia una nuova era, nuovi
modelli ed abbraccia gli interessi della società mitteleuropea della seconda
metà dell’Ottocento. Diminuisce l’attenzione verso la personalità creatrice
e aumenta quella per gli aspetti tecnici e formali dell’opera. Brahms con la
musica da camera e le prime composizioni per pianoforte studia la densità
armonica e punta ad una pienezza sonora.
I suoi brani esigono virtuosismo, come dimostra il Concerto n. 2 per
pianoforte e orchestra opera 83. È con la musica da camera che si
manifestano le ambizioni di Brahms verso una ricerca di equilibrio di forma,
tra classicismo e volontà di superare certi limiti.
Questi traguardi sono presto trasferiti in campo sinfonico. È arduo tentare
di decodificare con poche parole quello spessore poetico insito in ogni
sinfonia. Le più famose sono la prima sinfonia opera 68 in do minore, la
seconda opera 73 in re maggiore, la terza opera 90 in fa maggiore e la
quarta opera 98 in mi minore. In quest’ultima un tema di sole otto battute,
lineare e alquanto semplice, viene dilatato e variato dal maestro attraverso
una serie vastissima di cambiamenti e movimenti.
Ad esse si aggiungono quartetti, ouvertures per orchestra, sonate.
Nell’eterogenea produzione ‘brahmsiana’ costituita anche da una copiosa
produzione corale, il già citato Requiem tedesco rappresenta un deciso
tentativo di unire in modo solenne orchestra e coro. Anticipatore dei lavori
sinfonici post 1875, il Requiem è il capolavoro indiscusso del musicista
tedesco in campo sacro. L’autore vi riversa in modo inequivocabile la
propria religiosità, ma può anche essere definito una contemplazione laica e
malinconica della morte, una meditazione sulla sorte dell’uomo. Brahms può
essere considerato per certi aspetti il continuatore di Schumann da un lato
e di Beethoven dall’altro. Del primo ricorda la fusione tra classicismo e
romanticismo che si ritrova nei lieder e nella musica da camera; al secondo
può essere ricollegato soprattutto per le sinfonie, nelle quali seguiva lo
schema formale classico del compositore di Bonn.
Brahms muore a
Vienna il
3 aprile
1897.
Testo:
Daniele Brina