Tesi di laurea di Daniele Codarin.

La "Frauenkirche" di Dresda,
simbolo della ricostruzione della città dopo la guerra
foto:
Phx
Informazioni generali:
Titolo della tesi:
Dresda dopo il 1989Autore della tesi:
Daniele Codarin
Laurea conseguita a:
Università degli studi di Udine - Facoltà di lettere e filosofia - Corso
di laurea in lettere
Curriculum: Socioantropologico e geografico
Anno di presentazione della tesi:
2005/2006
Introduzione della tesi:
Questa tesi nasce dalla mia esperienza durata circa un anno nella città di
Dresda. Non conoscendo molto bene la realtà dell’ex Germania dell’Est,
avendo visitato solo l’Ovest del paese, e avendone una conoscenza libresca o
cinematografica e sempre mitizzata, sono stato molto contento di questo
lungo soggiorno, che ho deciso pur ignorando quanto stesse succedendo in
quella città.
Una città che, dopo un bombardamento devastante paragonabile per vittime a
Nagasaki e di cui il mondo tuttora sa ancora poco, rinata, ricostruita a
singhiozzo in piena guerra fredda, chiusa dietro un muro, sta ora vivendo
una nuova vita.
Questo ha fatto sì che in breve tempo entrassi in contatto con un mondo
affascinante, a tratti difficile ma sempre stimolante.
Ricordo, per esempio, il giorno in cui sono arrivato e, sotto un cielo
grigio d’altri tempi, sono rimasto colpito dall’imponenza dell’architettura
forgiata nel marmo sassone, che con il suo tipico colore scuro caratterizza
gran parte del paesaggio, rendendolo severo e imponente.
Anche la lingua ha avuto un suo peso, infatti a Dresda si parla un dialetto
molto chiuso e contratto o, in alternativa, ancora il russo: così, prima di
entrare nella mentalità locale, c’è voluto del tempo per capirsi. Ma quando
è iniziato il mio iter tra università e uffici comunali per reperire
informazioni e materiale per questo lavoro, ho trovato sempre un grande
disponibilità e una voglia di raccontarsi e di aprirsi con una persona che
proveniva da un mondo molto spesso idealizzato e invidiato come l’Italia.
Questo è un importante segno di cambiamento. Infatti, se prima tutto doveva
filtrare attraverso mille burocrazie o semplicemente alcuni discorsi
dovevano essere evitati, ora la democrazia e la liberà consentono di parlare
liberamente. E la semplicità e, a volte, l’ingenuità di molte persone, mi
hanno fatto capire molto su un passato che è ancora molto presente.
La città sta mutando, spazi vecchi vengono ristrutturati ed adibiti a nuovi
usi. L’edificio dell’Università, per esempio, è un ex carcere della STASI,
la polizia politica del regime comunista: così molti giovani si ritrovano a
studiare in luoghi dove i loro parenti furono trattenuti e magari anche
torturati. Da questi luoghi dove la vita si fermava ora nasce la nuova
speranza per il futuro.
Il giorno prima di lasciare definitivamente Dresda ho voluto fare un giro
per rivederla un’ultima volta. Era un sabato pomeriggio, in pieno clima di
elezioni politiche, e Dresda era una delle ultime tappe per tutti gli
schieramenti, dal palco sentivo parlare di grandi impegni e promesse per la
città.
Alle spalle del luogo del comizio inizia la Prager Strasse, la via
principale e più importante che durante il fine settimana è impraticabile
per la moltitudine di persone che la affollano. Mi sono venute alla mente
diverse immagini mentre osservavo quella situazione quasi surreale. E
soprattutto pensavo a che cosa non dovrebbe diventare una città.
L’Est europeo è spesso “vittima”, talvolta consapevole, del passaggio
all’economia di mercato, soprattutto per gli investimenti a basso costo.
Praga, per esempio, è stata fortemente compromessa dalle recenti
trasformazioni, ormai è un sogno diventato incubo, sia per i turisti o la
gente di passaggio, ma molto di più per gli abitanti costretti ad un tenore
di vita a loro estraneo.
Ed è forse questo a cui tutti aspiravano guardando al di là del Muro,
pensando alla libertà? Tutto si sta muovendo molto velocemente, molti non se
ne accorgono, e tutto può succedere, ma una volta entrati nel club Europa
difficilmente si può tornare indietro.
Ma questo significa anche poter ottenere dei riconoscimenti che, grazie a
politiche europee e mondiali, possono diventare occasione di valorizzazione
del proprio patrimonio culturale. La valle del fiume Elba di Dresda è
diventata nel 2004 Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale dell’UNESCO. Si
tratta di un risultato molto importante per lo sviluppo della città, che si
potrà avvalere di nuovi progetti attenti all’architettura, all’urbanistica e
al paesaggio, con riguardo a ciò che è storico e prezioso e con uno sguardo
verso la contemporaneità.
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